Mi ha molto colpito l’ articolo di un intellettuale che stimo molto, Francesco Bevilacqua, che si riassume in questo enunciato: Ecco, invecchiando, ho capito qualcosa in più… Penso sempre che quei poteri forti che governano il mondo, che tengono in sella dittatori e governi, che condizionano, attraverso i loro lobbisti, perfino i parlamenti, che possono far fallire intere nazioni con un semplice clic sul pc, che dettano legge nelle borse, che cooptano i politici nei loro consigli di amministrazione, stiano dietro a tutto quel che di rilevante accade in politica ed in economia. Strano, invece, che i complottisti di allora siano diventati quasi tutti anticomplottisti. Tranne pochi che vengono derisi e trattati come rimbecilliti. Se Benedetto Croce fosse ancora vivo, forse avrebbe spiegato “perché non possiamo non dirci complottisti”.(il Lametino)
I “poteri forti” è una definizione che è diventata il passepartout della politica italiana, buona per ogni occasione e ogni colore politico (Massimiliano Trovato). Chi la usa può intendere almeno tre cose diverse, potrebbero essere gruppi di interesse o contropoteri oppure organizzazioni segrete, ma qualunque sia la definizione precisa, l’abbinamento con il “complottismo” riporta ad un contenuto proposizionale soggiacente: il capitalismo, per usare una parola sola. Dopo il collasso dei sistemi socialisti in tutto il mondo, alla fine degli anni Ottanta, sembrava ormai accertata la superiorità dell’economia di mercato. Ma poi con lo scoppio della crisi finanziaria del 2008 e adesso con la pandemia del 2020 abbiamo scoperto che un certo sentimento anticapitalista non solo scorreva in meandri sotterranei, ma ha persino acquistato nuovo vigore sino a fuoriuscire. Non penso tanto alle affermazioni di un Piketty ne Il capitale nel XXI secolo quanto a manifestazioni di una ben più longeva e tradizionale avversione dell’intellighenzia nei confronti del capitalismo. Giacomo Marramao, uno dei più raffinati filosofi italiani, ha avuto modo di dire che “Giorgio Agamben e Massimo Cacciari portano avanti tesi aberranti dal punto di vista fattuale. Sono completamente fuori strada. In più, stanno portando acqua al mulino delle destre. Devono capire che siamo in presenza, da circa due anni, di una vera pandemia, che si è sviluppata ovunque in tempi rapidissimi. Le precedenti, nel corso dei secoli, erano a misura continentale. Questa no. Questa è universale. E il cosiddetto potere fatica a fronteggiarla, altro che crearla e guidarla. Il vero problema è l’impotenza del potere. Il potere è spiazzato nel prevedere gli effetti perversi di una violenza estrattiva su forme di vita animali e vegetali. Il potere, quello tanto temuto, non riesce a decifrare le tendenze delle maggioranze delle popolazioni. Poi, come si fa a parlare di Unione Europea autoritaria? Come si fa a definire Biden autoritario? Bisogna distinguere lo Stato d’emergenza dallo Stato d’eccezione, ma Agamben e Cacciari vedono il primo trasformarsi nel secondo. Io non vedo nulla di tutto ciò. Quale sarebbe il dramma, lo scandalo, la materia del contendere? Il green pass? Il super green pass? Ma questa è una colossale sciocchezza! Quando il cosiddetto potere ha in mano il green pass mio, tuo, di Agamben e di Cacciari, che cosa se ne fa? Sa che tra poco andremo nel tal ristorante? Be’, qual è il problema? Saremmo spiati e controllati? Da chi? Dovremmo sentirci confinati come in un campo? Per favore! Come si può arrivare a tanto!”.
Per quanto ne capisco io si arriva a tanto perché l’anticapitalismo è una religione politica, come sta spiegando da anni Rainer Zitelmann. Nelle religioni classiche il male era rappresentato dal diavolo, nella religione politica dell’anticapitalismo, il capitalismo assume il ruolo di male incarnato. In questo preciso momento storico appare evidente come sia la Chiesa cattolica che l’estrema sinistra proclamino il capitalismo (denominato “neoliberismo”) come l’unico responsabile di tutti i mali della società, non solo, finanche dei problemi personali di ognuno. La gente incolpa il capitalismo per la fame, la povertà, la disuguaglianza, il cambiamento climatico, l’inquinamento, la guerra, l’alienazione, il fascismo, il razzismo, la disuguaglianza di genere, la schiavitù, il colonialismo, la corruzione, il crimine, la malattia mentale e il decadimento culturale.
Alla maggior parte delle persone, non soltanto agli intellettuali, il capitalismo non piace. L’Edelman Trust Barometer, un sondaggio condotto in 28 paesi, ha concluso che, in media, il 56% degli intervistati crede che «il capitalismo come esiste oggi faccia più male che bene nel mondo». In Europa, la Francia è il paese maggiormente d’accordo con questa affermazione (69%), seguita dagli intervistati in Italia (61%), Spagna (60%), Germania (55%) e Regno Unito (53%). Sia negli Stati Uniti che in Canada, il 47% è d’accordo con questa valutazione critica del capitalismo.
Eppure prima della nascita del capitalismo, la maggioranza della popolazione mondiale viveva in estrema povertà: nel 1820 era il 90% delle persone; oggi è meno del 10%. E la cosa più notevole è che negli ultimi decenni, dalla fine del comunismo in Cina e in altri paesi, il declino della povertà ha accelerato ad un ritmo mai visto in qualsiasi periodo precedente della storia umana. Nel 1981, il tasso di povertà ammontava al 42,7%; nel 2000, era sceso al 27,8%, e nel 2021 era al 9,3%. Non solo, il numero di bambini costretti a lavorare in tutto il mondo è diminuito significativamente, scendendo da 246 milioni nel 2000 a 160 milioni di bambini vent’anni dopo, nel 2020. E questo nonostante il fatto che la popolazione mondiale sia aumentata da 6,1 a 7,8 miliardi di persone negli stessi due decenni.
Le guerre erano più frequenti nell’epoca pre-capitalista che nel periodo successivo all’avvento del capitalismo. E numerosi studi scientifici sulla “pace capitalista” hanno dimostrato che il libero scambio riduce la probabilità di conflitti militari. C’è anche una serie di studi che mostrano come gli standard ambientali siano migliori nei paesi capitalisti che in quelli non capitalisti.
Allora perché la maggior parte della gente non vuole considerare questi fatti? Una ragione è che quando si tratta di argomenti come la fame, la povertà, il cambiamento climatico e la guerra, è molto difficile impegnarsi in una discussione basata sui fatti. Più un argomento è carico di aspetti emotivi, meno le persone sono disposte a riconoscere i fatti, specialmente quando questi contraddicono le loro opinioni personali. Gli scienziati hanno incontrato questo fenomeno in molti esperimenti e indagini.
IL DISTURBATORE C’è un sondaggio condotto per ben 27 anni in numerosi paesi. Agli intervistati è stata presentata loro la seguente situazione. «Durante una tavola rotonda sull’ingegneria genetica ( e poi su altri temi, il cambiamento climatico, l’energia nucleare, l’inquinamento dell’aria, ecc., tutte questioni “emotivamente polarizzanti”) ci sono degli esperti che stanno parlando dei rischi e dello stato della ricerca. Improvvisamente, una persona del pubblico salta su e grida ai relatori e a tutti i presenti:»
«Cosa mi importa di numeri e statistiche in questo contesto? Come si può parlare in modo così freddo quando è in gioco la sopravvivenza dell’umanità e del nostro pianeta?» .
Ai partecipanti al sondaggio è stato chiesto: «Diresti che questa persona ha ragione o torto?».
Invariabilmente, la maggioranza degli intervistati (nel corso di 27 anni e in 15 diversi sondaggi su una varietà di argomenti altamente emotivi e controversi) era d’accordo con il “disturbatore” che non era interessato ai fatti. In media, il 54,8% dei rispondenti ha detto che il disturbatore resistente ai fatti aveva ragione, solo il 23,4% non era d’accordo.
Insomma, gli anticapitalisti non possono essere convinti dai fatti: se si produce poco, la colpa è del capitalismo; lo stesso vale se ci sono troppe merci in circolazione (il consumismo!). E anche quando vado a fare shopping e non riesco a trovare quello che cerco, la colpa è del capitalismo. Per molte persone, l’anticapitalismo è una questione emotiva. È un sentimento diffuso di protesta contro l’ordine esistente. Tutte le cose negative, nella società e nella mia vita personale, si dicono gli anticapitalisti, sono causate dal “sistema” capitalista.
Non c’è niente da fare, davanti alla complessità del mondo e di quel che vediamo e sentiamo, abbiamo bisogno di una risposta semplice che sia consolante: di chi è la colpa se sto male o se tanti stanno male? Del neoliberismo, e di chi sennò?