Ma perchè non chiudiamo del tutto le scuole e chi vuole studiare va in Germania?

Talvolta ho l’impressione che qualcuno desidererebbe che in Italia le scuole chiudessero del tutto. Restare a casa, magari in dad (la quale comunque venga fatta significa tutti promossi), sino a quando la pandemia non finisca del tutto. La chiamano prudenza, cautela, prevenzione. Il nostro dramma nazionale, secondo me, è sempre lo stesso, non guardare mai a quello che fanno gli altri grandi paesi. Intanto, sono passati 2 anni, e pochi si rendono conto che a gran parte degli studenti di qualsiasi età mancano due anni di scuola nel loro percorso di formazione. Piuttosto, se aspettiamo il 2024, quando secondo alcuni scienziati (Remuzzi) la pandemia retrocederà a semplice influenza, saranno 5 anni di non scuola. Immaginiamo un ragazzo italiano di 18 anni mandato  all’università con le sole conoscenze della scuola media. (Salvatore Merlo) Accogliendo un ricorso del governo Draghi, il Tar della Campania ieri ha bloccato Vincenzo De Luca, ha consentito la riapertura regolare degli istituti scolastici, e ha vinto (per ora) quella battaglia che il Pd rinuncia a combattere contro il gruppo di fuoco che a sinistra, tra Michele Emiliano, la Cgil, e ovviamente De Luca, da settimane si batte per la Dad.  Insomma è stato il Tar, un tribunale, e non Enrico Letta – che ieri se l’è cavata con un salomonico (o pilatesco?) “finché si può la scuola deve rimanere aperta, ma non è  che la scuola sta aperta contro tutto e tutti” – a fermare la sinistra che si batte contro l’istituzione che incarna la mobilità sociale, quella cosa  che davvero tiene in piedi la democrazia anche per il solo fatto di offrire  a chiunque l’opportunità  di dare scacco al destino in maniera molto più efficace, sebbene meno demagogica,  del Reddito di cittadinanza e di altre corbellerie populiste. 

Vediamo cosa dice Luca Ricolfi  e cosa succede  in Germania (ma potrei aggiungere Francia, Spagna, ecc…), che resta sempre la locomotiva europea.

LUCA RICOLFI (Repubblica)

Ecco perché dicevo che la scommessa liberista di lasciar correre i contagi è incompatibile con i dati, ovvero con quel che si sa dei meccanismi che governano questa epidemia. Qualsiasi cosa si pensi del perché siamo arrivati fin qui, è difficile non prendere atto che lasciar (ancora) correre il virus è un azzardo che non ha alcun supporto nei dati.
Possiamo dolerci della chiusura delle scuole e del ritorno alla Dad, ma se siamo lucidi dovremmo riconoscere che è prima che avremmo dovuto tutelarle, le nostre amate scuole, con le tante cose che sono state invano proposte, dall’aumento delle aule alla ventilazione meccanica controllata. Ora ci resta solo da prendere atto che rimandarne l’apertura, come per primo ha proposto il governatore della Campania, non è certo la soluzione, ma è il minimo sindacale per provare a rallentare l’epidemia.

INTANTO IN GERMANIA
Mercoledì scorso la Conferenza dei ministri regionali dell’Istruzione, la Kultusministerkonferenz, ha confermato un principio che in Germania è valso spesso in questi due anni di pandemia. La scuola in presenza, è stato il leitmotiv dei governi Merkel e Scholz, deve essere garantita a ogni costo. Al termine della riunione, la presidente della Conferenza, Karin Prien, ha ricordato il perché. “Dobbiamo pensare di più ai bisogni dei bambini e degli adolescenti. Dobbiamo fare in modo che le scuole vengano chiuse soltanto se ogni altra alternativa è esaurita”.

La scuola, in Germania, è di competenza dei land. E ogni governo regionale ha stabilito le proprie regole per garantire il più possibile agli studenti di frequentarla. A Berlino, che fa land a sé, i bambini portano la mascherina anche a lezione, i tamponi, gratuiti, vengono fatti a tappeto e le quarantene sono più corte che per il resto della popolazione e limitate ai contatti strettissimi. Nina Balp, dieci anni, figlia di genitori italiani dal tedesco impeccabile, frequenta la 5b della scuola Schliemann. È tornata in classe il 3 gennaio.

Nina, tu fai i tamponi a scuola o a casa?
“Il tampone è obbligatorio. Ma non lo faccio a casa o nei centri per i tamponi. Quando arrivo a scuola un paio di bambini distribuiscono i test. E allora io mi abbasso brevissimamente la mascherina, solo per fare il test, e poi la rimetto subito. La indosso quasi tutto il tempo”.

“Quasi” cosa vuol dire?
“Devo indossarla a lezione. La posso togliere nel cortile della scuola o quando pranziamo, a mensa. Oppure durante la lezione di educazione fisica: lì è facoltativa. Alcuni compagni di classe, però, non se la tolgono neanche allora”.

I tamponi antigenici in Germania sono gratuiti, si chiamano “test per i cittadini”, “Buergertest”. Voi quanti ne fate a scuola?
“In questo periodo li stiamo facendo ogni giorno. Prima li facevamo tre volte a settimana, ma siccome i contagi stanno salendo tanto, in questa prima settimana di ritorno dalle vacanze ci hanno chiesto di farli ogni mattina”.

In classe cambiate l’aria spesso?
“Ogni venti minuti apriamo la finestra per cinque o dieci minuti, anche quando fa freddissimo come adesso”

Il governo Scholz ha deciso in questi giorni che per voi bambini valgono regole speciali anche per gli isolamenti e le quarantene. Normalmente durano dieci giorni. Ma voi ne dovete fare solo cinque e poi potete tornare a scuola, previo tampone negativo. Cosa succede esattamente quando un tuo compagno di classe risulta positivo?
“Se un bambino risulta positivo deve dirlo alla maestra che lo manda dalla segreteria della scuola. Sono loro ad avvertire i genitori. Lì gli rifanno anche il tampone e anche se risulta negativo, il bambino viene mandato a casa. I genitori devono fargli un molecolare. Se è positivo devono essere avvisati e mandati in quarantena anche i contatti stretti, cioè i bimbi con cui è stato di più insieme e gli immediati vicini di banco. Ma non tutta la classe”.