L’altra faccia della sanità calabrese. Piccole figure che agiscono negli uffici

Da molti anni condivido con il prof. Angelo Panebianco, politologo editorialista del Corsera, una analisi “teorica” che posso riassumere con le sue parole: “Poiché la politica non ammette vuoti, l’indebolimento dei partiti ha favorito l’allargamento dei margini di manovra e l’accrescimento del potere di istituzioni non rappresentative: dalle magistrature di ogni ordine e grado alla Pubblica amministrazione e, verosimilmente, a tanti enti che compongono il parastato… Si tratta di un insieme di potentati che, affievolitosi il controllo partitico-politico, sono diventati padroni del proprio destino, repubbliche indipendenti (ancorché non riconosciute ufficialmente). Quando non impongono direttamente le loro scelte hanno comunque un potere di veto sulle decisioni politiche”.

La politica debole ha prodotto dei potentati che gestiscono i vari settori. Vorrei fare l’esempio estremo della sanità calabrese, tornata ora nelle mani della politica (Occhiuto) dopo un commissariamento  ultradecennale nel corso del quale sono stati finanziati e mai realizzati 4 ospedali mentre ne sono stati chiusi 18 creando disagi ai cittadini. Due Aziende sanitarie sono state sciolte per le infiltrazioni della ‘ndrangheta e interi reparti soppressi per mancanza di personale a causa del blocco del turnover imposto da un piano di rientro “lacrime e sangue”. In Calabria si sono succeduti generali della guardia di finanza e dei carabinieri ma il deficit è cresciuto e i livelli essenziali di assistenza sono tra i più bassi d’Italia pur avendo, in 11 anni, gestito oltre 38 miliardi di euro. In Italia ci sono 20 sanità diverse e quella calabrese è la peggiore.

E’ la peggiore perchè i potentati si appropriano di risorse importanti destinate alla sanità calabrese, ben 3,5 miliardi all’anno per pagare interessi di mora, doppie e triple fatture, e beni e servizi che vengono prorogati addirittura da 12-13 anni. Il tutto senza procedure di gara. Solo che dobbiamo intenderci sui potentati e sulla loro natura, il mio obiettivo è quello di dimostrare le ramificazioni sin dove arrivano.

Non so se ricordate “Maria”, la inquietante voce fuori campo che dagli schermi della Rai nell’inchiesta di Titolo V e del giornalista Walter Molino a novembre 2020 rampognava lo stralunato generale Cotticelli ignaro che toccasse a lui dover fare il piano Covid regionale. Si chiamava Maria Crocco, poi si è dimessa per “problemi familiari”.

Cosentina, manager con molta esperienza nel campo della sanità e ritenuta vicina alla dirigente ministeriale Adduce (che dà il nome al tavolo di verifica dei servizi sanitari regionali).  Era stata nominata dal governo nazionale sub commissario della sanità calabrese nel luglio 2019, per affiancare il commissario Saverio Cotticelli. In realtà si capì subito che era lei la vera “mente” della struttura commissariale, essendo il generale dei carabinieri (in pensione) Saverio Cotticelli del tutto ignorante in materia sanitaria (così come era già accaduto ad aprile 2020 con Pallaria, il mitico dirigente della Prot. civile che disse a Report “Non so niente di ventilatori”). La colpa non era del generale ma della politica che gli aveva dato quel ruolo.

Quell’intervista televisiva ha avuto il merito storico di svelare la realtà, che Angelo Panebianco oggi descrive nella sua analisi. La sanità calabrese con tutte le sue problematiche è apparsa  nelle mani di due personaggi. Uno era appunto la Crocco, chiamata a far da bàlia al generale solo che già  in Abruzzo aveva dato una cattiva prova di sè, riuscendo comunque dal governo Lega-M5s a “ottenere” l’incarico di subcommissaria tornando nella terra natìa. La politica, non dimenticatelo, sceglie persone, e se sceglie male i danni li subiamo noi cittadini.

L’altro personaggio è ancora più inquietante in quanto al giornalista Molino si presentò  come semplice “usciere”. Però snocciolò il dato ufficiale sui posti in terapia intensiva e disse: “ci sono 55 posti letto attivati per un totale di 161…”. Dunque l’usciere conosceva i dati, al contrario del commissario e della subcommissaria.

L’usciere altro non era che Saverio Mosciaro, classe 1964, ex cestista della Pallacanestro Cosenza, si dice che sia forse nipote di Tonino Gentile. Assunto alla Regione come dipendente di categoria C all’epoca di Chiaravalloti, con Scopelliti, un altro ex cestista, è diventato capostruttura del direttore generale della Giunta Franco Zoccali. Dopo l’epopea di “Peppe Dj” finita dentro il carcere, è passato per vari uffici e con Oliverio è entrato nella segreteria dell’Ufficio del Commissario della sanità. Un’altra cosentina, la moglie, Daniela Greco, ragioniera e laureata in Scienze motorie, è stata la prima coordinatrice della segreteria del Commissario del piano di rientro della sanità, sempre sotto la guida di Scopelliti. Ruolo importante tanto da decidere in prima persona gli accreditamenti alle cliniche private.

“I  calabresi meritano subito un nuovo commissario pienamente capace di affrontare la complessa e impegnativa sfida della sanità», disse il Bis-Conte nel 2020, ma da Roma quel fenomeno del ministro Speranza che lo stesso Draghi ha voluto con lui, l’unica cosa che ha saputo fare per questa nostra derelitta regione è stata quella di riaffidarci al governatore che i calabresi hanno scelto. Che la politica sia con voi.

Potrei fermarmi qui, ma in questi giorni  qualcuno dall’interno del Dipartimento Sanità della Regione si è preso la briga di scrivere ad un sito cosentino e così  il quadro che abbiamo tracciato diventa ancora più intellegibile:

Da oltre 10 anni, nella Direzione Generale, i veri artefici del “bello e cattivo tempo” sono i due “utilizzati” dipendenti del Pugliese-Ciaccio di Catanzaro: Paolo Fabiano e Michele Rossano. Sono del centrosinistra, messi lì dal dottore Enzo Ciconte. Sono stati sempre con un piede in due scarpe cioè sia nella segreteria della direzione generale del Dipartimento e sia in segreteria del Commissario ad acta. Fino a che Guido Longo, scoperto il loro ruolo nella massoneria (sono iscritti da oltre 10 anni al Grande Oriente d’Italia) e dopo varie fughe di notizie fornite ai boss delle strutture private, che solo loro conoscevano, li ha cacciati con urla e bestemmie che sono arrivate fino al decimo piano. Ma grazie all’intermediazione della loro amica e collega Annamaria Lobello, sono rimasti però nella struttura di Brancati, oggi della Fantozzi. Lobello, Rossano e Fabiano adesso sono uni e trini, come Padre, Figlio e Spirito Santo.

Perché fanno il “bello e cattivo tempo”? Semplicissimo, loro gestiscono le pec. Tutto parte e arriva via pec. I Dirigenti Generali e i vari Commissari succedutisi nel tempo non hanno mai aperto una pec, Paolo Fabiano e Michele Rossano decidono loro le cose importanti, che arrivano via pec, da stampare e consegnare al DG … decidono quali lettere/decreti o altro fargli firmare e tutto sotto il coordinamento della Lobello.

La Lobello scrive e fa inviare decine di pec al giorno mettendo la firma della Fantozzi e la Fantozzi nemmeno lo sa. I Dirigenti dei Settori devono parlare solo con la Lobello che fa da filtro. La Lobello non capisce molto di sanità, è una ex infermiera ferrista del Pugliese-Ciaccio che lavorava in reparto ed è poi passata, grazie ad un regolamento del Pugliese, nei ruoli amministrativi categoria C. Oltre alla gestione del potere, Paolo e Michele guadagnano la produttività di un dirigente in quanto il Pugliese eroga loro ogni anno somme richieste da loro stessi via pec a firma fasulla del DG. I tre sono invidiosi di tutti e di tutto e giocano allo sfacelo generale così ci sguazzano, neanche immaginate la cattiveria del trio nei confronti dei dirigenti dei settori e di tutto il personale!!

E’ chiaro, tali affermazioni sono tutte da validare, sono anonime e da riscontrare, ma resta confermato il quadro generale che abbiamo tracciato. Dietro la il problema irrisolvibile “Sanità” ci sono persone che si muovono dentro gli uffici. La politica li ha messi là, li sposta, se ne serve e viene servita, pertanto la politica ha le sue responsabilità.

Ma smettiamola di prendercela sempre e soltanto con assessori e onorevoli, sappiate abbassare lo sguardo dentro gli uffici (dove si fanno le cose), anche un usciere, un impiegato, chi opera con piccoli ruoli all’interno della Pubblica amministrazione in Italia ha ottenuto (o usurpato) un potere incontrollabile che spiega perchè certi meccanismi funzionano male.