(8/2/22) La vicenda della scuola di Cosenza “occupata per molestie” è esplosa in tutto il suo fragore. Gli studenti restano all’interno, “finché il docente di Matematica e Fisica non se ne andrà”. È lui, brillante laureato in Geotecnica, una figlia, il centro della questione. Prima su Instagram, poi a Repubblica, diverse testimoni hanno raccontato le sue violenze verbali e le avance corporali andate avanti per almeno sette anni e che la preside – nonostante le prime informazioni ricevute – non ha mai trasformato in una denuncia alla procura. “Ha insabbiato tutto”, dicono adesso le ragazze che guidano la protesta. Non intendevo commentare quanto sta succedendo nel liceo scientifico “Valentini-Majorana” di Castrolibero perchè la questione generale l’ho trattata diffusamente nel mio libro “La scuola nel cuore nell’anima”.
Poi i genitori dei ragazzi hanno chiesto l’intervento dell’Ufficio scolastico regionale e la dirigente scolastica ha convocato un consiglio docenti che si è riunito e ha proposto un documento ai ragazzi. Leggete con me quanto scrivono i professori.
“Se ci sono stati nel corso di questi anni azioni, comportamenti, episodi che hanno in qualche modo incrinato il rapporto di fiducia tra le diverse componenti scolastiche è interesse di tutti che questi emergano in piena luce e siano valutati e perseguiti nelle sedi opportune, comprese quelle giudiziarie. È interesse soprattutto di noi educatori, fortemente consapevoli della responsabilità di un lavoro non solo difficile ma troppo spesso avaro di soddisfazioni sia umane che professionali, che la verità si affermi pienamente”.
Traduciamo in parole povere quanto dicono i proff. usando il condizionale: se è successo qualcosa ce lo deve dire l’autorità giudiziaria. E’ la logica del nè nè. I docenti nè affermano che sia successo qualcosa nè lo escludono. Non sanno, ma, beninteso, tutto è possibile. Eppure il prof Francesco Cirillo, decano delle materie umanistiche, a Repubblica ha detto: “Ho saputo che il docente di Matematica di cui parliamo aveva avuto gli stessi problemi in un altro istituto della città”. Ci credo, in una scuola si sa tutto di tutti, i molestatori non è che siano invisibili, solo che tutto viene delegato al preside. Ognuno si fa i fatti suoi e magari anche il preside fa lo stesso.
La premessa del mio discorso è che la democrazia i ragazzi l’apprendono a scuola. Se non l’apprendono tra i banchi non l’apprenderanno mai più. Ora, pensateci un attimo, quello che dicono i professori è di una banalità sconvolgente, è come dire che nessuno è colpevole sino a sentenza passata in giudicato. C’era bisogno di riunirsi per affermare tale ovvietà giuridica?
Conosco bene un riflesso condizionato presente in tante scuole italiane, la cd reputazione, della quale i presidi fanno un totem. Senza capire che la reputazione si crea se lo sporco non lo nascondi sotto il divano ma lo pulisci via, ogni giorno. Dico subito che ritengo impossibile che nessun docente o Ata di quella scuola sappia cosa sia successo davvero, in ogni scuola tutti sanno tutto. Ma se prevale la logica “garantista” tutto si delega ai pm, perchè nessuno intende fare la spia. La sottocultura giuridica scolastica si muove entro tali colonne d’Ercole. Ecco le lezioni di democrazia che si impartiscono (senza neppure volerlo) a scuola, se s’insegna l’omertà, il farsi i fatti propri, gli studenti apprendono dagli adulti come comportarsi nella vita sociale. Il fatto è poi che in questo caso i pm non debbono dirci se è stato commesso un furto (sempre denunciato da chi l’ha subìto), o un altro reato per il quale c’è sempre una parte lesa o danneggiata che lo denuncia. No, in quella scuola, qualche studentessa denuncia di aver subìto molestie da un professore, per cui, ben prima delle indagini di giudici e poliziotti, dovrebbe essere il preside, il suo staff e tutto il personale ad attivarsi per rendersi conto di cosa sia successo. E’ successo o non è successo? Si o no.
Certe cose, è chiaro, non si possono prevenire, ma se sono avvenute il dirigente lo deve sapere, altrimenti è un semplice passante. I ragazzi ti guardano e imparano, a farsi i fatti propri. La passività che si riscontra a Castrolibero è il solito garantismo del preside che invece di stare dalla parte dei più deboli (i ragazzi), si sente sindacalista dei docenti nei confronti della controparte che sono i giovani (inaffidabili per l’età).
Solo che ogni scuola è una comunità, non è un ufficio postale o un qualsiasi ufficio, e quello che vi avviene, per la presenza di minori o di studenti in fase di formazione/educazione, è molto diverso da quello che avviene altrove. Se in una strada o in altri luoghi, chiusi o aperti, avviene un reato spetta a polizia e pm accertarli, in una scuola i dipendenti pubblici (adulti) debbono garantire che i ragazzi e le ragazze stiano al sicuro. Occorrono occhi aperti, attenzione, diligenza, il contrario della passività.
E’ chiaro che se un ragazzo ha subìto un furto, lo denuncerà subito al preside o ai professori, ma le molestie per vergogna o debolezza non sempre vengono prontamente denunciate, così come avviene per episodi di bullismo. Le vittime, per la loro condizione subordinata, tendono a nascondersi e sono gli adulti a dover essere consapevoli di tali complessi meccanismi psicologici. Le molestie non possono essere trattate con lo stesso formalismo adoprato per qualsivoglia reato. Un preside se ha accertato un reato deve denunciarlo alla procura, si sa, ma se si trincea sempre dietro al formalismo del “non so nulla perchè nessuno mi ha presentato una denuncia con nomi e cognomi” dimostra di non avere ben inteso la responsabilità del ruolo. Che è come dire, mi attivo solo in conseguenza di una carta scritta. E’ l’esatto contrario, ti devi attivare per evitare le carte scritte.
Lo si capisce bene facendo un esempio estremo concernente sempre una scuola ma materna. Ad un preside dicono che forse c’è un pedofilo tra i dipendenti. Considerereste accettabile il comportamento del preside che dicesse: presentatemi una denuncia con nome e cognome del pedofilo, altrimenti per me il fatto non esiste? Ben prima che intervenga un ispettore, l’Usr o la polizia, ad un preside è richiesto un ruolo attivo per tutelare gli studenti. Deve fare indagini, deve domandare, deve ricercare la verità, deve darsi da fare. I genitori iscrivono i figli in una scuola precisa e si aspettano dal dirigente che ogni giorno garantisca loro che i figli sono al sicuro. Troppo facile dire: io non so nulla e non escludo nulla, aspetto che sia la magistratura ad illuminarmi. La sorveglianza è difficile, talvolta faticosa, ma pensare che spetti ad Autorità fuori della scuola è sconcertante. I Presidi che dicono “non sono un poliziotto” non hanno ben capito che lo sono di fatto senza avere distintivo, divisa e inclinazione. I presidi sono tante cose, pure troppe, non sono forse datori di lavoro o responsabili della sicurezza? E allora che scrutino bene i dipendenti fuori e dentro le aule. E’ la parte più difficile e ostica di un mestiere complicato. E’ evidente che molti preferiscono evitare tali incombenze, burocrati sempre terrorizzati che scoppi lo scandalo pubblico. I dirigenti sono responsabili di tutto quello che avviene dentro le scuole, è un concetto che molti non hanno ben compreso. Il preside non è uno sceriffo, ma deve comportarsi talvolta da sceriffo, nei corsi di formazione ministeriali tale aspetto non viene mai trattato. Oportet ut scandala eveniant, nessuno spiega mai il valore di tale detto evangelico ai presidi.(5/2/2022)