Alla ricerca del partito messia e l’infedeltà elettorale

La classe politica italiana, probabilmente senza essere conscia degli effetti pericolosi del suo operato, con le continue promesse e parlando solo di diritti, sta trasformando il sentimento collettivo della maggioranza dei cittadini verso l’insoddisfazione, la rabbia, il populismo e la ricerca continua di un «partito messia» che possa migliorare la loro situazione, straordinariamente ottima se confrontata con la maggior parte dei Paesi mondiali ma pessima agli occhi di un popolo cui si predicano solo diritti. L’impegno di tutti dovrebbe essere quello di indicare a fronte di ciascun diritto il dovere equivalente; non promettere solo soldi o prestazioni assistenziali ma dare educazione e senso dello Stato. Aumenterebbero i diritti, si ridurrebbe la spesa e sarebbe una società migliore; invece, la politica preferisce la scorciatoia degli annunci, della spesa facile e la ricerca a tutti i costi del consenso immediato.
E come ha risposto il popolo degli elettori? Con un’infedeltà elettorale su cui questi politici dovrebbero riflettere. E così dopo i lunghi anni, dal 1996 al 2011, del bipolarismo Prodi-Berlusconi, i cittadini hanno cercato spasmodicamente un leader che desse loro quello che, spesso e in modo mendace o inconsapevole dei rischi, la politica definisce «le risposte che gli italiani si meritano», indicando così una specie di risarcimento per diritti non riscossi ma che in realtà sono del tutto inesistenti; e questo promesso risarcimento i cittadini se lo aspettano e se non arriva cambiano cavallo.

Dopo il titubante governo di Enrico Letta che è durato 9 mesi e 25 giorni (dal 28 aprile 2013 al 22 febbraio 2014), ecco la travolgente avanzata del PD di Renzi che raggiunse alle elezioni europee del maggio del 2014 un consenso del 40%; il governo guidato da Matteo Renzi si dimise il 7 dicembre 2016 con un PD in forte calo di consensi, e questo nonostante avesse introdotto il bonus giovani da 500 euro, agevolazioni contributive per oltre 10 miliardi per le assunzioni e soprattutto il bonus da 80 euro che porta il suo nome e che costa al Paese circa 10 miliardi l’anno dal 2016. Insomma, una montagna di soldi che però non ha soddisfatto le brame del popolo che in un’indagine di quei mesi giudicava il nostro servizio sanitario nazionale «insufficiente».

Un popolo cattivo e severo? No, solo una popolazione a cui hai promesso la luna e che quindi è insoddisfatta anche di uno dei migliori sistemi sanitari mondiali, peraltro totalmente gratuito nel senso che per garantire la sanità a circa il 60% dei cittadini che non pagano quasi nulla di IRPEF, il restante 40% deve sborsare 54 miliardi ogni anno, oltre naturalmente a pagarsi la propria quota sanitaria.

Dopo il governo-ponte di Gentiloni (dal 2 dicembre 2016 al 1° giugno 2018) durato 1 anno, 5 mesi e 20 giorni, l’assetato popolo dei diritti e dei bonus si invaghisce di chi promette un reddito certo per tutti e un posto fisso per tutti (il decreto dignità), incurante del fatto che il debito pubblico sia aumentato al 132,08% del PIL. È un plebiscito in Sicilia e un enorme successo a livello nazionale con oltre il 34% di share; il maggior partito in Parlamento che conquista anche Roma e Torino. I governi Conte I e II saranno un disastro, come vedremo tra breve, per la povera Italia nella lotta al COVID-19. Tuttavia, nonostante i pesanti effetti della pandemia da SARS-CoV-2, le promesse dei capi e capetti di tutti i partiti si moltiplicano e con esse la rabbia degli italiani che insoddisfatti voltano le spalle al M5S in meno di un anno e mezzo (Renzi era durato almeno tre anni e Berlusconi, nei suoi ultimi due governi, oltre nove) e si innamorano della Lega di Salvini che tra Quota 100, cancellazione e rottamazione delle cartelle esattoriali (leggasi condono), alle europee del 2019 raggiunge il 37% di consensi, meno di 3 punti dal record Renzi.

Le promesse continuano e sono talmente tante e insostenibili finanziariamente che buona parte di esse non viene mantenuta, aumentando così il rancore degli italiani verso la politica. Così cala nei sondaggi anche Salvini, che già nel 2021 è intorno al 17%, un dimezzamento come per Renzi, e sale l’innamoramento per «io sono Giorgia»; la Meloni con una serie di richieste molto popolari raggiunge e supera la Lega anche se di poco, scatenando la bagarre nel centrodestra a chi la spara più grossa in termini di promesse, con la posta in palio che chi ha più consensi diverrà presidente del Consiglio. In uno sprazzo di realismo, alla domanda del direttore de La Stampa Massimo Giannini: «Senta, siamo sinceri, ma se Draghi va a fare il presidente della Repubblica poi a chi dà l’incarico di fare il nuovo governo? A Salvini? Alla Meloni?», la risposta di Berlusconi è stata: «Ma dai, non scherziamo», una frase che è tutto un programma, anzi un dramma per l’Italia.

Complice il SARS-CoV-2, il debito sale al 153%. Il 13 febbraio al Conte II subentra il governo Draghi anche per la totale incompetenza di Conte, l’uomo che il 27 gennaio 2020 dichiarava che «l’Italia è prontissima a fronteggiare l’emergenza virus avendo adottato misure cautelative all’avanguardia»; meno di un mese dopo lotteremo tutti a mani nude e senza protezioni con migliaia di morti, diventando uno dei tre peggiori Paesi tra i principali trenta nell’affrontare la crisi e con le salme trasportate dai camion dell’esercito. Per molto meno si sono dimessi fior di capi di Stato.

Oggi, nonostante i 159 miliardi di nuovo debito accumulato nel 2020 per cassa integrazione, NASpI, DIS-COLL, Reddito o pensione di Cittadinanza e di emergenza, bonus di ogni genere e i circa 137 miliardi di nuovo debito 2021, i partiti veleggiano tutti sotto il 20%; il M5S nonostante l’invenzione del Reddito di Cittadinanza che ha regalato soldi a oltre 3,8 milioni di persone, nonostante il «decreto dignità» che di questa parola non ha nulla, nonostante la follia del superbonus del 110% (inesistente in qualsiasi altro Paese), il cashback e altre elargizioni, arriva malamente al 16% dei consensi.