Il pd che non ama il conflitto di I. Sales e il mio decalogo

Il saggista Isaia Sales, ex deputato Ds, è intervenuto nel dibattito sul pd che sta conducendo Repubblica. Condivido molti suoi lucidi pensieri  ma il fatto è che sembrano scritti nel 2018 quando vinsero M5S e Lega (i quali nel 2022 hanno perso, è bene ribadirlo ai fedeli di Conte e Salvini) :

“I dem si sono arresi all’ingiustizia. E si comportano da guardiani del Palazzo”.

la crisi del Pd è ascrivibile semplicemente alla “rivolta elettorale” dei luoghi trascurati, dei ceti abbandonati e delle idealità tradite. Il Pd non ha vinto in nessun collegio uninominale al Sud (pur guidando da anni le due regioni continentali più popolate) ed è odiato da coloro che un tempo diceva di voler rappresentare, cioè i lavoratori dipendenti, i giovani precari e i senza lavoro; inoltre, non è sentito utile da coloro che investono in politica ideali e passioni. Una forza politica fredda che non trasmette speranza per il futuro, che è composta dalla somma di vari padrinati romani e locali, che ha consumato le identità precedenti senza conquistarne altre se non quella di Partito della stabilità del sistema. Una forza affidabile solo per l’establishment del Paese…

E il 25 settembre è avvenuto esattamente questo: tantissimi hanno votato contro il Pd, prima ancora di scegliere un altro partito. Insomma, il Pd ormai è percepito come non empatico, irrilevante rispetto al disagio della vita quotidiana… Il Pd ha deluso sia il voto di appartenenza, sia quello di investimento ideale, ma anche quello di mera rappresentanza di interessi sociali.

UN PARTITO CHE RIFIUTA IL CONFLITTO “Il secondo equivoco attiene a una visione neutra degli interessi in gioco, come se il conflitto tra diverse esigenze fosse solo il residuo della politica novecentesca e non carne e sangue della contemporaneità. Un partito che non sceglie di combattere le ingiustizie e di pendere per una parte (senza trascurare le eventuali esigenze di altri) è destinato all’irrilevanza in un’epoca di accentuazione netta degli squilibri umani, territoriali, sociali, culturali.. Il Pd ha lo sguardo arreso alle ingiustizie e le considera un pezzo da pagare per la tenuta del sistema”.

Fino a qui Sales dice cose che ad un riformista stanno bene, perchè nessun riformista si considera un moderato (altrimenti sarebbe un conservatore) , anzi il riformista è radicale nelle sue battaglie e non disdegna il conflitto. Il problema italiano del pd e della sinistra a mio parere nasce da alcune battaglie queste sì davvero radicali ed estreme che il politicamente corretto e la “somma di vari padrinati romani e locali” che il pd è diventato non intendono e non hanno mai inteso condurre.

Mi riferisco ad una sempre osteggiata riforma costituzionale della seconda parte della Costituzione che, in nome della “Costituzione più bella del mondo”, rende debole ogni governo italiano, fatto unico nel mondo delle democrazie avanzate…

Il pd come ” Partito della stabilità del sistema” che oggi tanti individuano con tono schifato, altro non è, secondo me, che la nuova veste assunta dal Pci consociativo che abbiamo conosciuto durante la prima Repubblica. Allora stava sempre all’opposizione (conventio ad excludendum) ma contrattava sottobanco con i governi e i sindacati, in una triangolazione talvolta oscena altre volte preziosa, provvedimenti a favore di questo o quello. Adesso, stando sempre al governo anche se le elezioni non le vince mai oppure le vince con ammucchiate oscene incapaci di governare, alcune battaglie radicali non le intende condurre lo stesso.

Dice Isaia Sales:  “E così si è finiti per diventare controparte della rivolta anti-élite che da più di un ventennio si accompagna all’inquietudine di vasti ceti sociali. Ed è segno di cecità politica trasformare qualsiasi manifestazione di disagio sociale in accusa di populismo. Questa rapida e travolgente trasformazione di una forza riformatrice del sistema in una forza di conservazione e di “guardiania” del Palazzo, è la principale questione identitaria da affrontare”.

Tradotto dal politichese, Lega e 5Stelle, antisistema e anti-elite, sovranisti e populisti, hanno sottratto al pd i voti di tutti i ceti sociali inquieti e a disagio, del Nord e del Sud. Presumo che, visto come la parabola di leghisti e grillini ora sia in declino rispetto al 2018 e visto che nel 2022 è arrivato il turno del melonismo (il cui mix tra populismo e sovranismo dobbiamo ancora misurare), la questione centrale per il pd resti “come” assumere il conflitto e “come” battersi contro le ingiustizie sociali.

Se milioni di poveri per votarti pretendono il RdC senza lavorare un’ora al giorno, se milioni di precari, insegnanti, imprenditori, negozianti, vogliono poco mercato, molti aiuti di Stato e il fisco attuale, per rappresentarli cosa vuoi fare, il Pd a 5Stelle?

Oggi, come si è appena visto con l’oscena propaganda contiana al Sud, far coincidere numero dei voti con i percettori del reddito di cittadinanza è possibile matematicamente, ma poche sono le voci davvero riformiste che si alzano per condannare questo voto di scambio. In Italia chi prende i voti, in qualunque modo, ha sempre ragione (è come nel calcio chi vince senza giocare bene) perchè i voti sono come i soldi, non hanno odore, e anche a sinistra i massimalisti giudicano solo i voti ricevuti, e non le proposte demagogiche, masochiste, irresponsabili , insostenibili utilizzate per conquistare quei voti.

Il massimalismo italiano di sinistra è stato sempre favorevole dagli anni cinquanta in poi agli aiuti di Stato che oggi chiamano “bonus”, e favorevole alla conservazione dei “posti” e non al lavoro. Con la moderna crisi fiscale e con l’esplosione del debito pubblico  è chiaro che ora i populisti, all’opposizione o al governo è lo stesso, fanno quello che faceva il Pci (stando all’opposizione eterna alla dc), perchè le forze antisistema hanno un solo progetto politico in testa, il tanto peggio tanto meglio.

RIFORMISMO E MODERATISMO Scrive Sales: “Il riformismo può e deve essere graduale, ma non può essere moderato. È come chiedere di correre e di non sudare, o di gridare a bassa voce. Il gradualismo attiene solo ai tempi per riformare, non alla necessità di farlo. i due termini (moderatismo e riformismo) e i due atteggiamenti non sono conciliabili, e prima o poi esplodono se messi forzatamente insieme”. A Sales vorrei gentilmente far notare che i fascisti sono andati al governo nell’Italia del 2022  presentandosi con la Meloni come moderati, mentre al contrario nel pd oggi molti pensano che per andare al governo occorre rispolverare l’antagonismo sociale novecentesco.

Per essere chiari, comprensibili ma anche pratici (certe grandi analisi finiscono tutte per ricorrere al “ma anche” per evitare le scelte nette) un pd riformista dovrebbe rispondere con un SI’ o NO a questo decalogo:

  1. Con la Nato, con l’UE e con i democratici americani?
  2. Riforma costituzionale per rafforzare il governo e farlo durare 5 anni?
  3. Giovani (in alternativa pensionati)?
  4. I rigassificatori, i termovalorizzatori e le centrali nucleari?
  5. Con l”Ucraina?
  6. Per la riforma del catasto e del fisco nel senso che il 60% della popolazione, di fatto senza pagare l’Irpef, vive a carico dei tartassati che sono l’altro 40% ?
  7. Per la riforma del reddito di cittadinanza e di tutti i sussidi a favore di quella o questa categoria?
  8. Per la riforma della Rai per liberarla dai partiti e renderla come la Bbc indipendente e pubblica?
  9. Per contratti decentrati (oppure per contratti collettivi nazionali)?
  10. A favore di taxisti e balneari, che poi significa sì o no alla concorrenza?