Immaginiamo se si scoprisse che un professore di liceo di Milano guadagna 1700 euro netti al mese e uno di Messina 2700: tutti griderebbero allo scandalo e ricorrerebbero alla magistratura. Ma lo stesso avverrebbe per disparita’ retributive regionali di assistenti amministrativi o collaboratori scolastici. Lavori identici, e poi svolti nel settore pubblico, devono essere pagati allo stesso modo nell’intera penisola e su questo ci sono pochi dubbi. Eppure questa parita’ di trattamento, che e’ un principio costituzionale, vale per tutti i lavori pubblici tranne che per i dirigenti scolastici.
Per essi la parita’ di trattamento retributivo non esiste. Un dirigente, a seconda della regione in cui lavora, può guadagnare centinaia di euro in più al mese rispetto al collega di un’altra regione, anche se dirigono scuole con lo stesso numero di alunni e di classi (appartenendo alla stessa fascia di complessita’).
Per inciso il 2 agosto 2023 intanto e’ stato sottoscritto in via definitiva per l’area della dirigenza scolastica il CIN di individuazione delle fasce di complessità delle istituzioni scolastiche per l’anno scolastico 2023/24. E’ stata finalmente perequata la retribuzione di posizione parte variabile con la certezza che, d’ora in poi, si porrà fine ai vergognosi ritardi nella corresponsione di quanto contrattualmente dovuto. Sulla retribuzione di risultato poi si vedra’.
La disparità di trattamento tra le regioni, che finora non ha mai interessato nessuno se nessuno dice mai nulla, deriva da una scellerata scelta sindacale fatta nel CCNL del 2006/09. Fino ad allora il FUN (Fondo Unico Nazionale destinato alla retribuzione di parte variabile) veniva suddiviso tra le regioni in base al numero dei Dirigenti in servizio, con il CCNL 2006/2009 si è stabilito che la suddivisione avvenga sulla base dei posti in organico, avvantaggiando così le regioni con più vuoti di organico: non conta solo quanto sia grande la torta, ma anche quanti sono i commensali che si siedono a mangiarla!
Non so se si sia capito: una scelta politica regionale (che è quella di assegnare ad ogni scuola un dirigente oppure di fregarsene e lasciare scuole senza dirigente ma con una reggenza) comporta stipendi individuali meno ricchi o più ricchi. Ci sono regioni che hanno fatto il cd “dimensionamento” ogni anno, altre che non vi hanno messo mano (la Calabria ha aspettato ben 11 anni).
Per arrivare all’uniformità senza che nessuno ci rimetta, bisognerebbe allineare gli importi esistenti nelle diverse regioni con quelli delle regioni che hanno gli importi più elevati; piccolo problema: i soldi non ci sono e…non ci saranno!
Guardiamo le cifre dei dirigenti scolastici. Oggi c’è una forte disparità tra le diverse regioni italiane per quanto riguarda la media pro capite della retribuzione variabile ed accessoria dei presidi. Un dirigente campano rispetto al suo collega del Friuli viene pagato 509 euro in meno al mese. Vi sembra una cosa legittima per due che fanno lo stesso lavoro? Come tutti sanno da decenni, i Dirigenti Scolastici non hanno nessuna “colpa” per questa disparità, la colpa va attribuita ai sindacati e all’Aran.
Ma non basta, se poi andiamo a vedere le posizioni individuali e analizziamo la situazione delle diverse regioni in base alle “fasce di complessità” in cui sono organizzate le scuole regione per regione, osserveremo che, per fare un solo esempio, due dirigenti di Liguria e Friuli prendono due stipendi molto diversi. Esaminando la sola retribuzione di posizione/parte variabile, perché è questa la voce che entra nello stipendio mensile, un Dirigente di prima fascia della Liguria percepisce 8.912,53 euro annui in più rispetto al collega del Friuli Venezia Giulia; questo vuol dire che nello stipendio mensile del primo entrano 685,58 euro in più rispetto al collega dell’altra regione.
Sono entrambi dirigenti, con scuole in prima fascia (perché la posizione variabile e il risultato dipendono dalla fascia in cui è collocata la scuola), ma tra loro corre una differenza di stipendio rilevante. Quasi 700 euro al mese.
Tale notevole disparità non interessa nessuno, nè ai sindacati, nè al governo, nè agli stessi diretti interessati. altrimenti avrebbero da molti anni investito la magistratura e denunciato sui media una disparità economica ingiustificabile. Le “gabbie salariali” dei dirigenti scolastici insomma non interessano proprio a nessuno. Ecco lo Stato di diritto, dove sulla carta i cittadini sono eguali, ma ci sono quelli che possono difendere dei privilegi e altri che devono subìre ingiustizie macroscopiche pur risultando iscritti a sindacati potenti e autorevoli.