Bonaccini o De Meo? Come scegliere la persona giusta

Nel pd Bonaccini e la Schlein stanno girando l’Italia per convincere quante più persone possibili che uno dei due riuscirà a far tornare un giorno il partito al governo. Ora, come si fa a scegliere tra i due?

In genere la risposta più scontata fa riferimento al programma, vale a dire ai contenuti e proposte che i due aspiranti leader avanzano. Però è indubbio che il cosa uno dice è influenzato da “come” lo dice e dunque oltre alla ragione si giudica col cuore, in base alla maggiore o minore empatia del leader.

Per cui, il primo punto fermo che mettiamo è il seguente: una persona viene scelta per un ruolo apicale politico sulla base dell’empatia che esprime e comunica. Detto così scegliere un leader politico assomiglia ad una scelta affettiva, quella che si fa quando si sceglie un fidanzato o una moglie.

Invece quando si tratta di scegliere un leader aziendale la procedura è un pò diversa. Per quale motivo la Renault ha scelto un manager italiano, Luca De Meo, per guidare l’industria automobilistica di Stato? I francesi, così vanagloriosi, non avevano un loro connazionale in grado di guidare la casa automobilistica e i suoi 111 mila collaboratori in 38 Paesi? No,  per la prima volta nella storia, hanno preferito un non francese, il milanese di origini pugliesi Luca De Meo, 55 anni. E’ stato preferito a candidati francesi di peso come Patrick Koller, numero uno di Faurecia, e Clotilde Delbos, che dopo il licenziamento di Bolloré ha assunto l’incarico ad interim.

De Meo nel 1991 si era laureato in marketing all’Università Bocconi di Milano e nel 1992 ha cominciato proprio in Renault la sua carriera nell’industria automobilistica. Nel 1998 passò alla Toyota e, dopo il successo della Yaris, nel 2002 approdò alla Fiat come direttore marketing del marchio Lancia; nel 2009 i successi di De Meo al fianco di Marchionne convinsero il costruttore numero uno d’Europa, Volkswagen, a mettere sul piatto per il manager una posizione nodale, quella di direttore marketing dell’intero gruppo. Una carica che De Meo, poliglotta, parla 5 lingue, accoglierà come una nuova irrinunciabile sfida, pur combattuto tra la riconoscenza nei confronti di Marchionne e quella verso Fiat, la società che gli aveva consentito il vero salto professionale. Dal novembre 2015 poi diventa presidente della casa spagnola Seat e la rilancia. Il marchio spagnolo è ora in piena rinascita, anche grazie agli importanti investimenti realizzati durante la sua gestione.

De Meo ha detto di dovere tantissimo a Marchionne, «ebbe il coraggio di dare fiducia a un giovane di 37 anni, lanciandomi nel mondo dell’alta dirigenza. Assegnarmi la responsabilità del marchio Fiat e della 500 fu una sua scommessa; da lì dipendeva tanto del futuro della Fiat». L’italiano poliglotta ha pertanto accumulato oltre 25 anni di esperienza nel settore automotive, dove ha lavorato per 10 marchi appartenenti a quattro gruppi automobilistici ed ha partecipato al lancio di oltre 50 modelli.

Come si vede nel caso di una industria il leader si sceglie sulla base del suo curriculum, dei suoi pregressi successi di vendita, che sono il suo biglietto di presentazione. Magari se si presentasse in tv o in politica per essere votato perderebbe la sfida.

E’ il  limite delle democrazie che affidano al popolo la scelta del capo di governo. Il popolo italiano si è fidato di Giorgia Meloni e certamente la scelta è stata dettata da opzioni televisive, da un sentiment cresciuto negli anni.  In politica dunque si sceglie non sulla base di cv o di competenze ma come se si dovesse scegliere Miss Italia oppure una canzone a Sanremo. I famosi “contenuti”, il cd “programma” sono soltanto poesiole recitate a memoria per incantare l’uditorio. Proprio in questi giorni la Meloni che quando faceva opposizione prometteva di abbassare le accise della benzina, le ha invece alzate, e questo conferma ciò che sappiamo bene: si affida il governo al Masaniello di turno che poi, come successe a Pietro Nenni, una volta al governo chiede di vedere dove sia la stanza dei bottoni. E’ il sistema democratico che funziona così e dobbiamo tenercelo così, con i suoi limiti. Anche la Renault la decisione di chi nominare DG  l’ha assunta a votazione, nel suo consiglio di amministrazione, ma è evidente come siano prevalsi criteri di scelta diversi. Se la decisione fosse stata affidata al popolo francese o ai 110 mila dipendenti magari il DG non sarebbe stato De Meo ma un francese.

A conclusione di questo ragionamento che ha spiegato l’ovvio, cioè evidenziato come le persone vengono scelte con criteri differenti sulla base del contesto in cui operano, quel che lascia perplessi è la indifferenza che in politica gli addetti ai lavori manifestano verso la competenza. Mentre un semplice elettore vuole e deve avere la libertà di scegliere col voto l’ amministratore che preferisce (un sindaco, un parlamentare), i giornalisti e tutti gli esperti che commentano la politica dovrebbero spingere gli elettori  a scegliere persone col curriculum adatto. Non sempre gli stessi o i soliti magari, ma quelli più adatti, per studi, esperienza, lavoro, a occuparsi concretamente di questioni complesse e complicate.

Invece no, sono proprio gli addetti ai lavori che spingono sul proscenio  gli sprovveduti, i dilettanti, con la scusa di rinnovare la politica, ma con la speranza di diventarne i consigliori.

Il popolo vota come se votasse il suo cantante preferito di Sanremo, i giornalisti consigliano il popolo di votare il più stonato perchè è giunta l’ora di cambiare e di rinnovare la politica. Come si vede il popolo fa quel che può, ma sono i populisti a sbagliare tutto.

In politica ci si dimentica spesso che le grandi aziende di successo non sono quelle che offrono i prodotti migliori al mercato ma quelle che il mercato per i propri prodotti se lo creano dal nulla.