(Forum tv Aldo Grasso, hagakure) Andrebbe anche spiegata questa faccenda del “Monologo per Festival”. Nessuno lo ha ancora fatto.
In ogni caso sarei curioso di sapere quando tutto è iniziato e con chi (Adriano Celentano, dicono, ma non si può mai sapere), come e attraverso quali criteri vengono scelti il “monologante” o la “monologante”, chi decide il tema del monologare, come viene costruita tecnicamente la litania e quali sono i trucchi e i trucchetti dialettici che funzionano (ringraziare il padre e la madre pare che vada alla grande, per dire) e le trappole comunicative da evitare.
Se sono stati fatti studi sulla quantità massima di monologhi che lo spettatore medio può reggere senza buttarsi sul bere o assumere tranquillanti, se le inquadrature e le tecniche di ripresa sono ad hoc o si va di camera fissa tipo semplice intervento parlamentare, se il genere viene bilanciato scientificamente (tot donne/tot uomini) o si va in base alla disponibilità del giorno, se quando il monologo viaggia Amadeus e Morandi sono autorizzati a farsi un caffè.
Queste cose, insomma. Che qualcuno ci chiarisca tutto sul “Monologo per Festival”.
(frascop) Lo spettatore deve cominciare a preoccuparsi quando il monologante viene lasciato solo e si siede sugli scalini (è la posizione dominante della De Filippi a Uomini e Donne). Ha in mano dei fogli ma sono come quelli di Berlusconi, servono solo alla postura, in realtà legge tutto sul gobbo. L’unico divertimento che resta allo spettatore sgamato è quello di indovinare quale frase del monologo diventerà il suo ritornello. Perchè ogni monologo è costruito come una canzone: introduzione; strofa; ritornello, che si chiama anche inciso.
L’inciso è la parte più orecchiabile, quella che lo spettatore memorizza prima e la sola che ricorderà. I giornali ci fanno il titolo perchè nel ritornello ci sono le frasi chiave, cioè quelle che racchiudono il senso più profondo e più vero della storia raccontata dal monologo stesso.
In quello di Diletta Leotta di qualche anno fa il ritornello faceva “Oltre alla gambe c’è di più”. Il ritornello della Ferragni diceva “Essere una donna non è un limite”; Francesca Fagnani ha cantato “Non sono animali”, Paola Egonu ha cantato “Amo l’Italia e vesto con orgoglio la maglia azzurra”.
Poi, come succede in ogni canzone, la struttura continua con la quarta parte, il ponte, che serve a collegare di nuovo la strofa e il ritornello, quindi utilizza più o meno le stesse note ma cambia qualcosa leggermente. Il monologo si chiude con il finale detto anche coda. Esso pone fine al monologo e lo può fare in due modi, con un finale netto oppure sfumato. Quest’ultimo è il finale in cui il volume della voce del monologante si abbassa gradualmente fino a sparire completamente. Ma il finale più adoperato è quello netto: lo spettatore si alza ad un certo punto e si va a fare uno snack