Si è detto spesso, negli ultimi anni, che l’Italia sia un paese ostaggio di uno spirito anti politico, un paese cioè che valorizza quando può tutto ciò che risponde ai criteri minimi dell’essere anti casta, dell’essere anti sistema, ma il fatto che la popolarità di Sanremo sia direttamente proporzionale alla capacità che ha Sanremo di far parlare di sé anche attraverso i messaggi politici veicolati ci restituisce un’altra verità, persino non convenzionale.
E il fatto è questo. La prova che l’Italia è un paese che al fondo non ha grande dimestichezza con l’anti politica è nel fatto che tutto in Italia diventa politica.
E quando tutto diventa politica, quando tutto diventa uno scontro tra fazioni, quando tutto diventa un dialogo tra le parti, è evidente che a vincere sia la politica, sia la discussione, sia il confronto, anche se a volte questo diventa un litigio, e l’acquario di Sanremo, con la sua capacità di essere un simbolo condiviso con cui si identificano ogni anno milioni di persone, è lì a ricordarci che un paese che trasforma tutto in politica, e che si appassiona al più istituzionale dei programmi della nomenclatura televisiva, e che si rifiuta di boicottarlo, è un paese che al fondo ha i giusti anticorpi per non appassionarsi troppo all’antipolitica.
E dunque, figuraccia su Zelensky a parte, dipesa più dalla Rai che dal Festival, vale la pena urlarlo ancora: lunga vita al Sanremo politico!