(27/4/23) Se voi guardate la Juve negli ultimi due anni vedrete 11 giocatori che quando hanno la palla non sanno cosa farne. Fanno tenerezza, a cominciare dal portiere che con la palla nei piedi si guarda attorno stranito perchè la famosa costruzione dal basso che oggi adoperano tutti a lui non hanno spiegato cosa sia. Non ci sono schemi, triangoli, sovrapposizioni provati in allenamento. Ci sono 11 uomini messi in campo e ciascuno fa quello che si sente (o sa) fare. Ogni goal deriva non dalla squadra ma da una iniziativa personale. Tutti gli avversari che incontra la Juve sembrano squadre, la Juve di Allegri è un’accozzaglia di gente mandata in campo senza un’idea che li accomuni. Cambiano di continuo posizione, a destra, sinistra, avanti, indietro, nella stessa partita: una confusione che fa venire il mal di testa.
“Io penso che Allegri abbia perso negli anni anche quelle doti di gestore che gli si riconoscevano prima. Io credo che ci siano due fasi della carriera di Allegri: la prima, che termina a Cardiff, è quella di un allenatore certamente attento all’equilibrio ma anche innamorato della qualità, che l’equilibrio cercava di raggiungerlo cercando comunque di mettere al centro i giocatori migliori e più tecnici: così al Milan giocava con Robinho, Cassano/Pato e Ibrahimovic assieme, alla Juve metteva dentro tutti i magnifici 4 del cc (Vidal, Pirlo, Pogba, Marchisio) e in seguito non ebbe paura a schierare Dybala, Mandzukic, Cuadrado e Higuain tutti assieme. Quell’Allegri è stato la cosa più vicina agli Ancelotti e Zidane di oggi; dopo Cardiff, la partita che secondo me traumatizza e segna nel profondo Max (“il Real vinse perché difese meglio di noi” cit.), inizia la seconda fase, in cui decide che i concetti di difesa e speculazione vanno estremizzati, a discapito della qualità e dei calciatori”.
Con la sconfitta in Coppa Italia (e la prossima eventuale disfatta con il Siviglia), Allegri continua a mortificare i tifosi juventini che come tutti i tifosi vogliono vincere in qualsiasi modo, ma soprattutto quelli che amano l’organizzazione di gioco. Allegri resta un argomento (da me trattato più volte) interessante perchè ha i suoi (tanti/pochi) ammiratori i quali lo difendono dicendo che ha già in passato dimostrato di essere vincente, dunque il suo curriculum parla per sè. Se oggi perde, non è colpa sua, ma della squadra, della società, del fato, di qualunque cosa ma non certo la sua.
Allargando il discorso, quella dell’allenatore di calcio è una delle tante professioni dove non puoi vivere di rendita sulla base del tuo cv. In Italia, per fare un esempio, messo un professionista in un posto apicale dopo un concorso (es: un primario ospedaliero) egli avrà diritto a mantenere il posto sino alla pensione qualunque cosa faccia. In America non si può vivere di rendita come in Italia e se sul mercato appare un giovane primario molto bravo, è facile che prenda il posto del vecchio maestro. Occorre sempre stare al passo coi tempi, aggiornarsi, altrimenti si continuano ad usare tecniche vecchie ed obsolete. Inefficaci. Puoi operare al ginocchio un atleta con le tecniche di 20 anni fa? No, ma neppure con le tecniche di 5 anni fa. Allegri non ha allenato per due anni e tornato alla Juve ha candidamente affermato di non aver visto partite nel frattempo, ma tutti noi lo avevamo capito da soli.
Il calcio (c’è Ted Lasso, una serie tv su un allenatore, bellissima e divertente, che lo dimostra) in pochi anni è cambiato radicalmente e per capirci il “calcio totale” di oggi ha reso le idee allegriane soltanto patetiche e comiche. Sarri nel suo anno bianconero disse a metà campionato: questa squadra sa difendere solo all’ indietro, non riesco a far capire che si può difendere anche andando in avanti. È difficile far cambiare questa abitudine.
Allegri è convinto che un allenatore non deve preparare nulla, il preparatore atletico ( il suo famigerato Folletti) allena gli atleti e lo staff cura la loro tecnica di base, poi in campo devono sapere loro cosa fare a seconda delle varie fasi di una partita. Allegri non ha una sua idea di gioco in base alla quale sceglie gli interpreti adatti.
La sua formazione vista dall’alto è una squadra lunga e larga (in ogni partita lui schiera una formazione diversa e nei 90 minuti li sposta di continuo), con grandi distanze tra i giocatori; in fase di non possesso essa si sistema al limite della propria area di rigore per difendersi in 10 e poi ripartire con lanci lunghi. Tutte le squadre di Allegri devono risalire il campo avendo il baricentro basso: giocatori come Dybala, Higuain, Ronaldo ne hanno sofferto tantissimo dovendo giocare a 50 mt dalla porta avversaria. In sostanza è il vecchio calcio all’italiana o quello dell’Inter di Helenio Herrera adattato alla zona. Nel gioco di Allegri ci sono continui passaggi avanti-indietro di minimo 25 metri tra i giocatori, i quali ogni volta sembrano giocare insieme per la prima volta. I giocatori di Allegri, sempre compassati, semplicemente non sanno cosa fare, e spesso ciascuno di essi si limita a fare il muro (Rabiot è l’emblema): ricevuta palla da un compagno, gliela rimbalza di nuovo. Posso fare i nomi di Guardiola o di De Zerbi per indicare il gioco moderno proattivo (e non più reattivo), ma in realtà anche nella nostra serie A ormai tutti gli allenatori tranne Allegri lavorano con una nuova mentalità e con principi di gioco moderno.
Già il 18 settembre 2022 quando la Juve venne sconfitta a Monza, come sarebbe successo anche il 29 gennaio ’23, Elkann avrebbe dovuto cacciare Allegri, pagandogli il ricco contratto quadriennale ma evitando di azzerare il valore di una intera rosa e di una squadra dove giocatori pagati uno sproposito come Vlahovic e Bremer sembrano ora incapaci di stare in campo. Per non parlare di Chiesa o di Locatelli o dei giovani impiegati male, spostati di continuo di qua e di là: se gli comprassero Vinicius del Real Madrid, Allegri sarebbe capace di metterlo a giocare a destra. E’ ormai fuori di testa, fuso, e dopo la Juve non allenerà più. Chi è quel pazzo che li chiama, a lui e Folletti?