L’evasore è uno scroccone, Meloni non ha capito nulla

«L’evasione devi combatterla dove sta: big company, banche, non sul piccolo commerciante a cui chiedi il pizzo di Stato solo perché devi fare caccia al reddito più che all’evasione fiscale». Così la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, in un comizio a Catania.

(Intervista di Marro a Enrico Ruffini, direttore Agenzia delle Entrate)
E come la mettiamo con l’evasione che vale pur sempre 100 miliardi l’anno? «Intanto, cominciamo col dire che l’evasione fiscale erariale e locale, quindi, al netto dell’evasione contributiva che non è accertata da noi ma dall’Inps, è calata: solo nel 2014 sfiorava i 100 miliardi e nel 2019 (ultimo dato utile al raffronto, ndr ) ammontava a 87 miliardi. Per ridurre l’evasione bisogna agire su più leve. Detto che in Italia le tasse sono troppo alte, questo riguarda chi le paga, non certo gli evasori. E non penso che il fattore determinante per ridurre l’evasione sia solo abbassare le tasse, in quanto chi evade lo fa perché non sente come dovere il contribuire alla collettività».
Ruffini fa questo paragone: «L’evasore è un po’ quello che a Roma chiamiamo lo scroccone. Quello che va in comitiva in pizzeria e se ne va prima che portino il conto, che così resta a carico di chi è rimasto al tavolo. È un furbo questo? No, l’evasore non è un furbo, ma uno scroccone».

Organici ridotti del 40%
Peccato, però, che gli scrocconi vengano periodicamente premiati con rottamazioni e sanatorie varie, decisi, senza troppe differenze, sia dai governi di centrodestra sia da quelli di centrosinistra. «Rottamazioni e sanatorie non ci sarebbero se la riscossione avesse strumenti più efficienti e l’evasore fosse consapevole di non poterla fare franca. Eppure, nel 2022 la lotta all’evasione ha fruttato il record di oltre 20 miliardi recuperati. Ci siamo riusciti malgrado gli organici fossero scesi del 40 per cento rispetto alla pianta organica. Ora, grazie alle nuove disposizioni di legge, riprendiamo ad assumere. E dopo il via libera del Garante della privacy, possiamo fare un salto di qualità con l’incrocio delle nostre banche dati con l’anagrafe dei rapporti finanziari. Infine, dobbiamo proseguire sui processi di digitalizzazione e tracciabilità». Sì, ma a riformare il sistema ci hanno provato in tanti, da Visco a Tremonti, da Padoan a Franco, ma sempre con risultati parziali. «Sono ottimista per natura. Aspettiamo e vediamo», dice.

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