Un servizio televisivo è il tipico racconto per immagini televisivo curato da un giornalista. Può avere una durata minima e massima (reportage) e quasi sempre l’autore appare in maniera più o meno prolungata.
Realizzare questo tipo di racconto, anche se di pochi minuti di messa in onda, in realtà richiede ore di duro lavoro e una serie di conoscenze tecniche specialistiche. In origine il servizio era il risultato della collaborazione di una troupe di almeno tre persone (inviato, cameraman e ragazzo dell’audio, a cui si aggiungeva il montatore nella postproduzione). Attualmente invece, le necessità di ottimizzazione economica e produttiva delle emittenti televisive, ma anche il proliferare del citizen journalism e le innovazioni tecnologiche, hanno contribuito a rendere sempre più frequente la realizzazione di un servizio da parte di un solo soggetto.
Soffermandoci unicamente sulla conoscenza e sulla comprensione della grammatica e della sintassi del racconto per immagini, è chiaro che l’autore deve possedere un certo gusto nella composizione delle stesse e non gli fa male la conoscenza dei “generi letterari” del racconto televisivo. Un servizio del telegiornale è ben diverso da un servizio di “Striscia la notizia” o da un servizio di “Report” o dai microservizi di ” Di Martedì”.
Il servizio televisivo (nel quale comprendiamo l’inchiesta, il reportage, e tutta la cd “divulgazione” televisiva) è un genere che insieme con l’intervista e il talk fanno parte integrante del palinsesto televisivo. Si possono citare Piero e Alberto Angela per riferirsi al reportage in cui la presenza in video dell’autore si alterna con le immagini e la voce fuori campo. La differenza con il documentario è evidente, l’autore che si mostra opera una specie di personalizzazione o appone la sua firma. Questo elemento è stato estremizzato da Diego Bianchi (Zoro) e Pif che usando la telecamera a mano hanno portato nell’inchiesta una forma nuova, l’intervistato o la realtà sono stati visti da vicino. Talvolta blanditi altre volte aggrediti, accentuando il segno dell’autore che pertanto si mostra mentre lavora, mentre viaggia, mangia, riposa.
Tutt’altra confezione è il documentario con voce fuori campo e prevalenza delle immagini (come “Italia viaggio nella bellezza” i documentari su Rai Storia curati per 5 stagioni, dal 2015 al ’20, da Francesco Caglioti, Ester Coen e Maria Pia Guermandi)
Nelle tv locali è prevalente invece la tipologia di servizio con l’autore in presenza, e ciò avviene per due ragioni concorrenti. La prima è la vanità del conduttore che intende mostrarsi ed apparire tanto; la seconda è una confezione più veloce del prodotto finale, i blocchi di interviste vengono uniti alle immagini in fase di montaggio, che pertanto è più agevole (meno tagli si fanno più il montaggio è veloce). E’ chiaro che un montaggio di una intervista dove appare solo l’intervistato e le domande si ascoltano in voce fuori campo, unita ad immagini esterne, è operazione molto più accurata, lunga e complessa.
Insomma nelle tv locali il format più usato è quello di Licia Colò o di tutti i programmi dei viaggiatori (Bell’Italia in viaggio, con Fabio Troiano; Viaggio nella grande bellezza, con Cesare Bocci; Sei in un paese meraviglioso, con Dario Vergassola e Miriam Galanti) ma con un montaggio ridotto ai minimi termini e una presenza debordante del conduttore, spesso prolisso, sgrammaticato o impreciso.