Di quelle che so io “L’Italiano” (1983) di Toto Cutugno è la seconda canzone da hit parade alla quale Adriano Celentano ha rinunciato. Eppure ad un primo ascolto si capiva subito che Cutugno l’aveva scritta per lui. L’altra è “Nessuno mi può giudicare” che poi fece il successo dell’esordiente Caterina Caselli
Avrebbe dovuto cantarla Celentano sul palco del Festival di Sanremo del 1966, ma poi il molleggiato scelse Il ragazzo della via Gluck, facendo la fortuna di una giovane cantante di Sassuolo che si presentò sul palco imbracciando un basso Fender rosa, con i capelli biondi a caschetto dei fratelli Vergottini. Caterina Caselli diventò subito la ragazza beat per eccellenza e quel titolo cantato con rabbia incarnava alla perfezione la contrapposizione nascente tra genitori e figli in quella metà degli anni Sessanta. Gene Pitney fu il suo partner ideale nella doppia esecuzione al Festival e la canzone divenne subito dopo un film di successo (stesso titolo e regia di Ettore Fizzarotti). La canzone, per ammissione di Pilat, uno degli autori (con Beretta, Pace e Panzeri) è stata costruita con le battute iniziali del classico napoletano Fenesta ca lucive, che è stata solo accelerata.
Celentano è uno strano personaggio, capace di capire subito che il rock americano sarebbe stato accolto con favore dall’Italia che adorava Nilla Pizzi, Natalino Otto e Claudio Villa. Capace poi di innovare la canzone italiana attraverso un ben riuscito cocktail di testi che intendevano lanciare messaggi personali e musica. Ma evidentemente il testo di Cutugno non lo sentiva proprio (un partigiano come presidente), sembra che a Cutugno e al paroliere Cristiano Minellono disse: non ho bisogno di dire agli italiani che sono un italiano vero perchè lo sanno già. Allo stesso modo il testo di Nessuno mi può giudicare ammetteva troppi sbagli fatti (Se ho sbagliato un giorno ora capisco che/L’ho pagata cara la verità/Io ti chiedo scusa, e sai perché?) mentre un megalomane come lui ha sempre ragione, mai torto e non è tipo da scuse.
Meno male che Pallavicini e Paolo Conte riuscirono a fargli cantare Azzurro altrimenti la faccenda sarebbe stata seria, da psichiatra. Un pezzo scritto su misura, ha dichiarato Conte, per Adriano Celentano, che fosse una canzone vincente l’aveva capito subito. A noi che ci vediamo un po’ di nostalgia per i tempi andati lui spiega di no, che era solo a Celentano che pensava, ai ricordi tutti inventati di Adriano, “l’oratorio dove si giocava a football, il giardino con dentro immaginarie giungle”. Certo che rifiutare Inediti che avranno un successo non nazionale ma internazionale come nei due esempi fatti dimostra che Celentano è stato anche un grande presuntuoso, ma nessuno è perfetto