La domanda che mi facevo durante le tre ore di proiezione era la seguente: questo film con la musica di Morricone lo avrei apprezzato di più? La colonna sonora di Ludwig Göransson è debordante e quando Nolan nell’ultima parte la usa per rafforzare tensione e pathos è francamente insopportabile.
A me poi questo duello (o bipartizione) tra Strauss e Oppenheimer (Robert Downey Jr. e Cillian Murphy) nel primo film biografico di Christopher Nolan ha ricordato troppo Salieri e Mozart. Un film di grande impatto che non so ai tanti giovani accorsi a vederlo (il marketing Barbenhaimer sarà studiato negli anni) cosa lasci nel profondo. La storia di uno che non si è mai pubblicamente pentito per l’uso della bomba atomica su due città giapponesi, ed è capace di rischiare “con probabilità vicine allo zero” la distruzione del mondo con una bomba, per me era congeniale a Kubrick. C’era il sogno della pace duratura, ma anche la vanità di voler mostrare al mondo di essere arrivati per primi, almeno rispetto ai tedeschi. «Non la capiranno finché non la capiranno», dice lo scienziato, «e non la capiranno finché non l’avranno usata”. La bomba atomica avrebbe dovuto garantire la pace duratura, ma per farlo bisognava mostrare al mondo i suoi effetti. Un altro paradosso. La frase sulla quale riflettere tornando a casa è: «Non so se noi siamo degni di fiducia con un’arma del genere, ma so che non lo sono i nazisti»
Uno dovrebbe uscire da un film del genere terrorizzato e segnato per sempre, ma non mi pare. Ce la prendiamo sempre con i politici ma perchè, gli scienziati sono meglio? Il meglio di tutti (nel film) è Einstein, e poi Niels Bohr (Kenneth Branagh nel film). Che è quello che dice: Tu ormai sei un politico non più un fisico. Non è che nel mondo nessuno capisce niente, è che sono così pochi i geni da non essere mai decisivi. La moneta cattiva scaccia quella buona.