Per me un politico serio deve dire a me, elettore e cittadino, la verità. Se al contrario mi racconta, di tanto in tanto o sempre, frottole, vuol dire che cerca di manipolarmi. Non esistono menzogne a fin di bene. Ricordate? “Abbiamo sconfitto la povertà!”.
(Cucù di Sebastiano Messina) ” Conte al Forum di Cernobbio: -avevamo una Ferrari che cresceva dell’11% grazie al Superbonus e oggi abbiamo una bicicletta a pedalata assistita-. Sarebbe una metafora perfetta se il Superbonus l’avesse pagato il suo governo, che invece versò solo un piccolo anticipo lasciando ai suoi successori 100 miliardi di rate. E soprattutto se al volante della Ferrari che cresceva dell’11% ci fosse stato lui e non Mario Draghi: quello a cui tagliò le gomme”.
(Da “Posta e Risposta – la Repubblica) ”Caro Francesco, i maoisti di un tempo non sarebbero stati tali se gli intellettuali italiani si fossero impegnati contro le dittature e le menzogne. Nel 1957 una sinologa poco più che trentenne, Edoarda Masi, andò in Cina. Scrisse un libro in cui denunciava i campi di rieducazione, le torture e le violenze di cui poco si sapeva in Europa.
Nel 1960 consegnò il libro all’Einaudi e si formarono due schieramenti, uno con a capo Franco Fortini, che era per la pubblicazione, e l’altro di cui i più vivaci sostenitori furono Giulio Einaudi e Italo Calvino. Sostenevano che pubblicarlo avrebbe fatto “il gioco della reazione”. E il libro, che avrebbe fatto discutere, messo al corrente i giovani di quello che accadeva in Cina e scosso le coscienze, non fu pubblicato.
Risposta di Francesco Merlo:
Cara Mirella, il bilancio delle esecuzioni sommarie della Rivoluzione culturale va dai 750 mila al milione e mezzo di morti. Il libretto rosso è il libro più venduto dopo la Bibbia: 5 miliardi di copie in 40 lingue. Per non fare “il gioco della reazione” Einaudi pubblicò le opere di Mao: “Delle Contraddizioni tra il Popolo” e poi “Rivoluzione e costruzione.
Dal 1960 facciamo un salto prodigioso per arrivare a oggi. Un altro aspetto ridicolo e paradossale del Superbonus è che Giuseppe Conte e membri del suo governo si dimenino dicendo che la gran parte delle frodi sui bonus edilizi non riguarda il Superbonus fatto dal governo Conte, ma il Bonus Facciate. Che è stato fatto dal governo Conte. Si fa presto a dire “gratuitamente”. Giorgia Meloni aveva segnalato, a chi come Giuseppe Conte ne aveva fatto uno slogan politico-elettorale riguardo alla ristrutturazione delle case pagata integralmente dallo stato, che il concetto teneva in scarsa considerazione i contribuenti che effettivamente ne avrebbero sopportato l’onere.
I dati pubblicati nei giorni scorsi dal Corriere della Sera sull’evoluzione della spesa per i bonus edilizi mostrano uno spaccato inquietante. Al netto del tema “frodi”, che è quasi marginale rispetto allo sconquasso di ciò che legalmente non è una truffa, la spesa è completamente fuori controllo: circa 78 miliardi di euro in più rispetto alle stime iniziali. Il Bonus facciate, quello voluto da Dario Franceschini per abbellire i palazzi in centro, sarebbe costato 26 miliardi anziché i 5,9 miliardi stimati all’inizio. Il Superbonus, quello voluto da Giuseppe Conte per rifare le case “gratuitamente”, sarebbe costato (a ora) 93 miliardi anziché i 35 miliardi inizialmente previsti. Complessivamente, l’impatto sul bilancio statale di tutti i bonus edilizi dal 2020 ad agosto 2023 sarebbe di 149 miliardi di euro anziché i 71 miliardi preventivati nelle relazioni tecniche dei provvedimenti in questione. Una cifra che ormai raggiunge quasi i 190 miliardi del Pnrr, che però è un piano di spesa diluito su un arco temporale più ampio.
Si tratta, a tutti gli effetti, di una catastrofe contabile provocata da un meccanismo incontrollato di crediti fiscali che come una talpa ha scavato sotterraneamente delle voragini nel bilancio dello stato. Pur non considerando questi dati ufficiosi, ma rimanendo ai numeri ufficiali depositati a maggio 2023ndal Mef in audizione alla Camera, quando la differenza di impatto della spesa si discostava di “soli” 45 miliardi di euro anziché degli attuali 71 miliardi, si vede come i bonus edilizi abbiano ipotecato se non il futuro del paese quantomeno la politica fiscale ed economica di questa legislatura.
“Ci sono tre tipi di impostori: i bugiardi, i bugiardi sfacciati e i politici”. Certo, la frase di Will Rogers non è molto incoraggiante, soprattutto in occasione di qualsiasi campagna elettorale. Tra comizi e tribune politiche televisive, abbiamo qualche chance di distinguere chi è sincero da chi fa demagogia e chi mente spudoratamente?
Don Luigi Sturzo nel 1948, in un suo decalogo, scrisse: “C’è chi pensa che la politica sia un’arte che si apprende senza preparazione, si esercita senza competenza, si attua con furberia. È anche opinione diffusa che alla politica non si applichi la morale comune, e si parla spesso di due morali, quella dei rapporti privati, e l’altra (che non sarebbe morale né moralizzabile) della vita pubblica. La mia esperienza lunga e penosa mi fa invece concepire la politica come saturata di eticità, ispirata all’amore per il prossimo, resa nobile dalla finalità del bene comune”.
1. È prima regola dell’attività politica essere sincero e onesto. Prometti poco e realizza quel che hai promesso.
2. Se ami troppo il denaro, non fare attività politica.
La distinzione che Max Weber traccia fra azioni politiche ispirate dall’etica della convinzione (o dell’intenzione, dei principi, dei fini ultimi, dei fini assoluti: Gesinnung) e azioni politiche dettate dall’etica della responsabilità (o del render conto, del rispondere degli effetti propria condotta: Verantwortung) è stata definita come «la più controversa fra le contrapposizioni presentate ne La politica come professione» (Palonen, 2019,). Anche chi ha agito prescindendo deliberatamente dagli esiti a cui poteva condurre la propria azione dovrà, comunque, in un modo o nell’altro, “vivere” tali esiti (Schluchter, 1979), si tratti pure degli «spacconi» di cui parla Weber, «che non sentono realmente ciò che assumono su di sé, ma si inebriano di sensazioni romantiche» (1919; tr. it. 2004).
Sotto questa luce, sembra corretto affermare che «benché le due etiche siano concettualmente distinte, esse possono essere (e secondo Weber in determinate circostanze devono essere) esistenzialmente collegate». E questo non solo nel senso di immaginare la combinazione fra le due etiche come sforzo individuale di mettere insieme passione e distacco o valori e calcoli, asserendo che “nella vita umana si tratta sempre di combinare queste forme” ma più radicalmente come riconoscimento della loro necessaria (anche se solo parziale) sovrapponibilità nell’azione sociale. In altre parole, occorre fidarsi solo dei politici che siano sinceri, verso gli elettori ma anche verso se stessi.