La puntata di “Otto e Mezzo” di ieri sera ha per tema la guerra e la pace, e per protagonista il cardinale Zuppi, persona così stimabile (e amabile) e stimata da doversene lui stesso guardare. Gli altri sono Paolo Mieli e Marco Travaglio, e l’ospite Lilli Gruber. Prima che scadano 8 minuti Travaglio ha già rifatto la storia della guerra d’Ucraina. Ha ricordato, imboccato da Gruber, il trattamento universale dei “pacifisti” come di poveri imbecilli, ha rivendicato la loro, e sua, interpretazione dei fatti che il lungo tempo trascorso non ha fatto che confermare: la Russia non poteva perdere, dunque l’Ucraina non poteva vincere, e ora tutti lo riconoscono. E se ci si fosse fermati due anni fa, dichiarando la neutralità dell’Ucraina o l’autonomia del Donbass, si sarebbero risparmiate più di 500 mila vite. Naturalmente, due anni fa Travaglio aveva detto ben altro: aveva assicurato perentoriamente che la Russia non avrebbe mai invaso, e subito dopo che avendo invaso avrebbe avuto ragione dell’Ucraina in quattro e quattr’otto. Dunque non aveva auspicato né la neutralità né l’autonomia, ma la resa dell’Ucraina a Putin. Poi ha molto sofferto per la prima resistenza degli ucraini all’aggressione, poi per la loro controffensiva sorprendente a Kharkiv e più tardi sul Dnipro di Kherson, poi si è rianimato con la controffensiva ucraina troppo sbandierata e sostanzialmente mancata dell’estate appena finita, poi si è spaventato del disastro di Prigozhin in marcia su Mosca e non ne ha capito niente, poi se ne è riavuto col volo finale di Prigozhin, e ora tira le somme. Ora vanta che la sofferenza, la fatica e le debolezze in cui si trova l’Ucraina martoriata gli abbiano dato ragione. Ma questa era solo la premessa. Perché a questo punto ha decretato l’origine dello scatenamento della guerra contro l’Ucraina, testualmente, così:
“Si è fatto di tutto per spingere Putin a invadere, ha invaso”.
Prigozhin, fosse stato vivo, avrebbe invidiato l’impudenza. Mi sono rianimato anch’io, e ho aspettato di sentire che cosa avrebbero risposto gli altri. Che lasciassero passare così illesa una simile ricostruzione della favola del lupo e dell’agnello non era possibile. Mieli si è prodigato in congratulazioni a Travaglio per le chiose che quotidianamente pubblica sul Fatto ad arginare l’esuberanza antisionista delle sue collaboratrici e dei suoi corrispondenti. Gruber era interessata a conoscere l’opinione di Zuppi sul motto “Dio Patria e Famiglia”. Don Matteo aveva l’aria di uno che con l’eziologia della guerra d’Ucraina, in tanto senno, non c’entrasse, e forse nella testa gli risuonava la Nato che abbaiava ai confini. Però la Nato, ora, azzannava forte, ai confini, e lo sventurato Putin invase.
Lo spettatore che si fosse risvegliato giovedì sera da un lungo sonno avrebbe appreso che si è fatto di tutto per spingere Putin a invadere, e ha invaso. L’ha detto con la più serena naturalezza Travaglio, hanno assentito col più grazioso silenzio Mieli, Gruber, e il bravo cardinale, che almeno ha l’attenuante dell’extraterritorialità. E lui forse a Kyiv cQi deve tornare, con tutte quelle centinaia di migliaia di bambini da riportare a casa. Vaglielo a dire, che hanno fatto di tutto per spingere Putin a invadere.