Iannacci/Verdelli e il genio

Il documentario di Giorgio Verdelli (1959), napoletano, sul milanese Enzo Iannacci (1935-2013) non racconta la sua vita, dagli inizi sino alla scomparsa, ma si immerge nelle sue canzoni facendo scoprire a chi non ricorda bene, dopo tanti anni, brani che hanno fatto di un musicista che amava il jazz un cantautore-maestro di ironia e spaesamento.

Il problema dei documentari su un artista famoso è uno solo: i testimoni della celebrazione. Chi interpelli per tratteggiare la figura? Nel caso di Iannacci tre fuoriclasse suoi amici e sodali, Gaber, Beppe Viola e Dario Fo, non ci sono più.

Restano Cochi, Abatantuono, Dori Ghezzi, Paolo Rossi, Bisio, Elio delle Storie tese, Paolo Conte. A sorpresa per me compare Vasco Rossi del quale non sapevo come si fosse sviluppata tra i due un’intesa artistica. E’ bastato che Iannacci lo sentisse a Sanremo cantare “Vita spericolata” per intuire che quel romagnolo mingherlino sarebbe diventato un grande artista, perchè era vero. Nel film, con il figlio Paolo a far da Virgilio, ci sono le canzoni di Iannacci, una più bella dell’altra, un cofanetto prezioso per la musica leggera italiana dove l’estro di Enzo ha saputo mescolare musica popolare e rock, melodia all’italiana e jazz, per accompagnare testi surreali e ironici, sarcasmo e pietà, amore per gli ultimi e l’amore cantato nella maniera più struggente.

Prendiamo “Canzone intelligente” (1973) che ha cantato con Cochi e Renato. Non è a sentirla oggi la più divertente demistificazione del cantautorato italiano, da Vecchioni a Baglioni &C? E “Vengo anch’io” (1967) di Core, Fiorenzo Fiorentini, Dario Fo e Jannacci, con “Quelli che” (1975 scritta da Iannacci da solo), non sono ormai nel panorama culturale italiano due classici senza tempo? Sono “teatro-canzone” come quello che abbiamo attribuito al solo Gaber (Libertà è partecipazione) con la specificazione che Iannacci musicalmente era molto più preparato di Gaber.

Ad un certo punto si ascolta la canzone “Se me lo dicevi prima che Iannacci portò al Festival del 1989. Per me è il suo manifesto artistico perchè con una canzonetta è capace di raccontare con irriverenza e sarcasmo le difficoltà e a volte anche la vergogna, nel dover chiedere aiuto dopo un momento difficile. Il brano tocca tematiche di grande impatto sociale: dal precariato all’uso di droghe, dal sentirsi sempre inadeguati al non riuscire a risalire una volta toccato il fondo. “Se me lo dicevi prima” è un brano in cui, in fondo, si ironizza sull’incapacità delle persone di venirsi incontro, di aiutare chi ha bisogno d’aiuto quando davvero lo chiede. Ad un certo punto della canzone, quando comincia il ritornello, molto melodioso (da Sanremo, appunto) ” e allora è bello” Iannacci inserisce ” quando parla Gaber“, cioè dimostra ammirazione per quello che dice Gaber nei teatri.

Eh, eh, eh, ma se me lo dicevi prima
Eh, se me lo dicevi prima
Come prima
Ma sì se me lo dicevi prima
Ma prima quando
Ma prima no

Eh, si prendono dei contatti
Faccio una telefonata al limite faccio un leasing
Se me lo dicevi prima
Ma io ho bisogno adesso, sto male adesso
Ma se me lo dicevi prima ti operavo io
Ma io ho bisogno di lavorare io sto male adesso
Eh sto male e sto bene macché il lavoro e mica il lavoro
Posso mica spedirti un charter
Bisogna saperlo prima che dopo non c’è lavoro, prima, capito
E allora è bello
Quando tace il water
Quando ride un figlio
Quando parla Gaber
E allora sputa su chi ti eroina

La domanda che mi sono sempre fatta è la seguente: perchè Enzo non ha scritto “quando canta Gaber” e invece ha scritto “quando parla Gaber“?

L’unica risposta che ho saputo darmi è la seguente: perchè Enzo è stato un artista che diceva sempre la verità.