Quanti sono i medici, infermieri e oss del nostro servizio sanitario che si sono “imboscati” negli uffici o che hanno chiesto l’esenzione da determinate mansioni? In una recente intervista Antonio Battistini, commissario straordinario dell’Asp di Vibo Valentia, ha dichiarato di aver individuato dieci dipendenti imboscati negli uffici. L’ex generale ha anche aggiunto che adesso sta cercando di «ricollocarli nel loro posto originario». Una frase che lascia intuire quanto sia difficile un’operazione del genere.
Il personale “imboscato”
Ma dieci unità sono tante o sono poche? Difficile dirlo perché nessuno sa quanto sia ampio il fenomeno di cui stiamo parlando. Ci ha provato a capirlo il capogruppo regionale del M5s, Davide Tavernise, che lo scorso anno ha affrontato, o almeno ci ha provato, il problema seguendo un doppio binario. Da un lato ha cercato di “mappare” tutti gli imboscati del nostro servizio sanitario, dall’altro ha presentato una legge ad hoc per limitare il fenomeno. Diciamo subito che non ha avuto successo in nessuno dei due casi.
L’iniziativa del pentastellato Tavernise
Per quanto riguarda il primo punto, Tavernise ha chiesto l’accesso agli atti poi si è rivolto anche all’autorità anti corruzione per avere delle risposte. Molte Asp, dopo 7 mesi dalla prima richiesta, non hanno mai fornito le informazioni chieste. Le risposte sono arrivate dal Pugliese-Ciaccio, dal Mater Domini, dal Gom di Reggio Calabria e dall’Annunziata di Cosenza come Aziende Ospedaliere. Ha risposto anche l’Asp di Crotone e sono incompleti i dati forniti dall’Asp di Catanzaro. Nel conteggio mancano tutti i dati relativi all’Asp di Cosenza, salvo lo Spoke di Corigliano-Rossano, e non esistono dati riguardanti tutta l’Asp di Vibo Valentia e quella di Reggio Calabria. Alla fine il numero che Tavernise è riuscito a tirare fuori è di 570 tra medici e infermieri sottratti in tutto o in parte alle corsie ospedalieri e destinati a ruoli amministrativi.
Non sempre si tratta di cattiva volontà, l’impressione del consigliere è che le nostre aziende sanitarie e ospedaliere non sappiano realmente l’entità del fenomeno che nessuno si è mai preso la briga di tenere sotto controllo. Ad esempio un’Asp calabrese ha risposto al consigliere che «i dati richiesti sono detenuti da diverse Unità operative, pertanto, al fine di consentirle l’accesso, è necessario un lavoro di rielaborazione e di accorpamento delle informazioni, che i singoli uffici interessati stanno già effettuando. Tuttavia, tenuto conto delle attività svolte ordinariamente dalle diverse unità operative, che ogni giorno sono costrette a fronteggiare emergenze sanitarie, e tenuto conto della grave carenza di personale, anche amministrativo, il lavoro di elaborazione dei dati, di cui è stato chiesto l’accesso, necessita di un congruo lasso di tempo (…)». Inutile dire che è trascorso più di un anno e non è arrivata nessuna risposta.
Questo ci porta a dire che il fenomeno va ben oltre i numeri che ha in mano il grillino e non solo perchè i dati sono incompleti.
Ma il problema va oltre i numeri. «Tramite il mio accesso agli atti – ci dice Tavernise – ho scoperto casi significativi, come il medico che non può essere impiegato in attività che prevedono l’utilizzo di taglienti o pungenti, quello che non può entrare in sala operatoria, i tre medici che possono occuparsi solo di codici bianchi, gli infermieri e oss che non possono sollevare alcun carico o movimentare i pazienti, i due tecnici sanitari di radiologia medica con prescrizioni sull’attività di radioesposizione».
Il problema è che questi medici sono inseriti in pianta organica nel loro posto originario e questo blocca l’assunzione di altre unità.
Questione di numeri
Un altro dato. Ad ottobre 2022 è andato in onda un servizio della trasmissione “Le Iene”. Nel servizio Nuccio Azzarà, segretario della Uil di Reggio Calabria, dice che, sulla carta, ci sono 1.200 medici nell’Asp di Reggio Calabria per 220 posti letto attivi. A Modena, con un numero di abitanti simile, ci sono 655 medici per 1108 posti letto. Se guardiamo il totale scopriamo che il personale adibito alle strutture del servizio sanitario in Calabria è pari a 17. 698 unità nel 2020, in Liguria arriva a 14. 832. Insomma un dato che fa capire come di personale ce ne sia a iosa, ma nelle corsie se ne vede pochissimo.
A Tavernise non è andata meglio con la sua proposta di legge. Presentata sempre nel 2022 ancora non è stata nemmeno calendarizzata. La proposta si componeva di tre semplici punti: una ricognizione completa del personale sanitario cosiddetto “imboscato”; affidare la valutazione delle inidoneità all’Inps o comunque da un soggetto terzo e non dal “medico competente” che è interno alla struttura; le inidoneità certificate portino ad una rivisitazione della pianta organica: chi non svolge la mansione di medico per inidoneità è necessario che venga conteggiato nel personale amministrativo e non quello medico.
La legge però non è andata avanti e nessuno parla più del fenomeno. Nemmeno il presidente/commissario Roberto Occhiuto che pure in qualche intervista aveva denunciato il problema, in concreto non ha messo nulla in campo per combatterlo.