Da Spid all’anagrafe della popolazione residente

Per la pubblica amministrazione siamo ad una fase cruciale. Deve adesso consentire a tutti i cittadini di accedere ai servizi online attraverso Spid, il sistema pubblico di identità digitale. Secondo le ultime correzioni al Cad (Codice Amministrazione Digitale) contenute nel decreto legislativo 217/2017, che entrerà in vigore il 27 gennaio, l’intera Pa avrebbe dovuto aprire tutti i propri servizi a Spid già dall’inizio dell’anno.

Spid ha debuttato a marzo 2016 con lo scopo di dotare i cittadini di un “Pin” unico per dialogare con gli uffici pubblici. Finora si sono dotati di Spid poco più di 2 milioni di cittadini – numero cresciuto anche grazie alla necessità di avere l’identità digitale per usufruire di alcuni bonus, come quello per i 18enni – e sono 3.866 le amministrazioni che si sono allineate alla riforma, rendendo accessibili attraverso il Pin unico 4.371 servizi.

Finora l’uso di Spid per accedere ai servizi era considerato dalla Pa come un’opportunità data ai cittadini, ora nel 2018 diventa un obbligo: le amministrazioni devono mettere i possessori di Spid nelle condizioni di effettuare online tutte le operazioni possibili.

L’obiettivo ultimo è quello della cittadinanza digitale, avere un’unica banca dati con le informazioni anagrafiche della popolazione residente invece di 8000 quanti sono i comuni. Diego Piacentini (v. foto, ex manager Amazon, voluto da Renzi nel Team per la trasformazione Digitale) ci sta lavorando da agosto 2016. Gli atti della Pa – compresi i verbali relativi alle sanzioni amministrative, gli atti di accertamento e riscossione, le ingiunzioni – saranno notificati al domicilio virtuale. Si tratta di un indirizzo di posta elettronica certificata (Pec) da iscrivere, sulla base dell’appartenenza del titolare, a uno dei 3 indici nazionali:

1)quello dei domicili digitali delle pubbliche amministrazioni e dei gestori di servizi pubblici;

2)quello delle imprese e dei professionisti;

3)quello delle persone fisiche e degli altri enti di diritto privato.

I primi 2 indici già esistono, il terzo lo dovrà mettere a punto l’Agid entro un anno.

Tutti gli indici (tranne quello delle Pa) migreranno, poi, nell’Anagrafe della popolazione residente (Anpr), che però è ancora in alto mare: la fase di sperimentazione al momento coinvolge solo una (30) trentina di comuni.

Con l’ANPR si realizza un’unica banca dati con le informazioni anagrafiche della popolazione residente a cui faranno riferimento non solo i Comuni, ma l’intera Pubblica amministrazione e tutti coloro che sono interessati ai dati anagrafici, in particolare i gestori di pubblici servizi.

Allineando i dati toponomastici, permetterà di concretizzare l’Anagrafe nazionale dei numeri civici e delle strade urbane  (ANNCSU), strumento necessario a completare la riforma del Catasto.

Insomma: quando e se avremo l’Anagrafe della popolazione residente (i famosi censimenti decennali non si faranno più, ci sarà un censimento giornaliero), l’evasione fiscale e il sommerso potranno essere davvero combattuti. Ogni impresa o ditta, ogni cittadino italiano dovrà comparire nell’anagrafe. Ogni immobile si potrà sapere da chi è occupato. Altrimenti non esisti e non potrai avere nessun rapporto con la Pa e i suoi servizi. Ho cercato di spiegarvi in poche parole perché i partiti, i comuni, gli evasori non vogliono l’anagrafe digitale. Ecco la battaglia politica fondamentale per la democrazia italiana, molto simile al referendum del 4 dicembre. Nessuno ne parla, e si capisce perchè. Qualche semplice impiegato di un comune oggi è in grado oggi di non far pervenire ad un cittadino o ad un’impresa una qualsiasi ingiunzione cartacea di pagamento. Con l’Anagrafe questo non sarà più possibile, e moltissimi lo hanno capito. Allo stesso modo i disonesti hanno già capito che la digitalizzazione completa dei procedimenti giudiziari non conviene, e occorre continuare con i fascicoli, la carta, la posta. Ecco lo snodo cruciale. Hic Rodhus hic salta