Il cortocircuito nasce quando i richiedenti asilo si vedono respingere la domanda, impugnano la procedura di espulsione ed escono fuori dal sistema di protezione. «Allora li vedi in giro a cazzeggiare, a non fare nulla, a infastidire le persone a volte, infine a spacciare perché di qualcosa devono vivere. È un vortice nel quale, alla fine, entrano anche le famiglie» .
Il sindaco pd di Macerata spiega: «.. gli immigrati, in attesa della decisione definitiva sulla loro sorte, non devono diventare delle schegge impazzite. La legalità è un valore che sta dentro la nostra sensibilità, quella del centrosinistra voglio dire. E un sindaco, anche un sindaco del Pd, deve interpretare i bisogni e gli stati d’animo della sua gente». I migranti li rimpatriamo noi, dice Gigino 5stelle. Guardiamo alla realtà. Nel 2016, gli espulsi sono stati 2.984, ma di questi solo la metà è stata poi effettivamente riportata nel Paese d’origine. Per motivi burocratici o per mancanza di fondi. Perché, per portar fuori dall’Italia un espulso, ci vogliono circa 4.000 euro, spesa che tiene conto del costo del “biglietto” aereo o della nave per il migrante e per tutte le figure che la legge prevede lo accompagnino nel viaggio: due agenti di scorta a testa, medici, poliziotti. Oltre al noleggio dell’aereo e al carburante.
Insomma, con un aereo pieno, il viaggio non costerebbe meno di 800.000 euro. Ma la maggior parte delle volte, su un charter non salgono più di 50 migranti alla volta. E i costi lievitano ancora.
Anche ammesso che fossero veramente 600.000 i clandestini, per riportarli a «casa loro» ci vorrebbero 8 anni e due mesi. Questo, se il governo riuscisse ogni giorno a metterne 200 su un aereo. Ma per portarli dove?
Negli ultimi tre anni il numero degli stranieri realmente allontanati dall’Italia è di poco inferiore ai 55mila (quasi 20mila nel 2017 considerando anche i respinti alla frontiera, cioè chi è stato bloccato all’ingresso). Ma di questi solo 18.500, circa uno su tre, sono migranti già presenti in Italia e poi rispediti in patria.
Il vero vulnus che rallenta la macchina dei rimpatri è la mancanza di accordi con i Paesi d’origine. L’Italia, si sa, ha accordi che funzionano solo con 4 Paesi: Nigeria, Tunisia, Egitto e Marocco. In questi Stati negli ultimi quattro anni l’Italia ha riportato almeno 25mila persone. Ma che ne è degli altri, provenienti dall’Africa subsahariana o da altri Paesi, cui non viene riconosciuto il diritto alla protezione internazionale?
Guinea, Bangladesh, Costa d’Avorio, Mali, Gambia, Senegal, Sudan sono le nazionalità più ricorrenti tra gli sbarcati. Chi proviene da qui e non ottiene la protezione non può certo essere messo su un aereo e paracadutato in territori che non accettano di veder rientrare chi è espatriato illegalmente. (Polchi e Ziniti, la Repubblica)