Il voto alla prima parte di stagione della Juve | di Antonio Corsa

Con il 2024 che volge al termine è tempo di primi bilanci provvisori. La Juventus è sesta in Serie A con 32 punti frutto di 7 vittorie e 11 pareggi ed è quattordicesima in Champions League con 11 punti raggiunti dopo 3 vittorie, 2 pareggi e 1 sconfitta, l’unica stagionale; in Coppa Italia, abbiamo battuto il Cagliari e ci siamo qualificati ai quarti di finale.

Come sta andando finora?

Speravamo meglio. Se in Champions abbiamo disputato ottime partite con belle vittorie contro Manchester City, Lipsia e PSV (e abbiamo fatto una buona prestazione contro il Lilla), in Campionato le vittorie davvero convincenti sono arrivate contro Como, Verona, Genoa, Udinese e Torino: troppo poco. Se da un lato c’è da essere felici per le zero sconfitte (record uguagliato), dall’altro c’è da essere preoccupati per gli undici pareggi (altro record) e una posizione in classifica che al momento ci vedrebbe non qualificati alla prossima Champions League con un potenziale danno economico importante.

Perché siamo così indietro?

Come abbiamo sempre sostenuto, i processi di crescita non sono mai lineari, soprattutto se vuoi cambiare tanto e subito: le onde erano assolutamente previste e sono normali. Il compito non era facile, partiamo da questo presupposto, perché migliorare una Juve che aveva finito il girone di ritorno dell’anno scorso girando a 25 punti imponeva una bella scossa e poteva spaventare. Ciò nonostante, è innegabile che la proposta di gioco della Juventus sia ancora inefficace e non siamo dove vorremmo essere. Mentre ad inizio stagione si vedeva una squadra brava nella costruzione dal basso e nel possesso palla, che faceva cose effettivamente nuove rispetto al passato e mostrava una solidità difensiva incredibile sulla quale poter costruire una proposta offensiva ancora insufficiente ma con margini di crescita, ora si vede una squadra che ha bisogno di fare tre gol per vincere le partite e non bastano più nemmeno i 14 gol fatti nelle ultime 6 partite per inanellare una striscia di vittorie. Motta ha confermato di essere molto rigido nella sua idea di calcio, sperimentando pochissimo e continuando quasi sempre a far vedere le stesse cose, anche a dispetto di risultati non eccellenti. È pur vero, però, che il non avere a disposizione troppi giocatori gli ha tolto la possibilità di incidere sia in allenamento, fondamentale momento di didattica e crescita per una squadra che vuole imparare a fare cose nuove, sia durante le partite.

Gli infortuni sono un alibi?

No. Sono un problema vero, serio, impattante. Si può sostenere che la gestione atletica dei calciatori ricada sotto la responsabilità dell’allenatore e del suo staff, ed in effetti è così; abbiamo anche più volte sostenuto come ci siano stati degli errori evidenti nella gestione di alcuni infortuni. In particolare, è emersa la preferenza di convocare solamente i giocatori al 100% e, soprattutto, una gestione dei carichi forse troppo poco personalizzata: se vuoi giocare, devi allenarti in gruppo, e se ti alleni in gruppo, lo devi fare come gli altri ad un’intensità elevata. Anche in questo aspetto, Motta ha dimostrato di non conoscere compromessi, ma i risultati non gli hanno dato ragione e la gestione del doppio impegno settimanale si è dimostrata da questo punto di vista piuttosto problematica.

Al di là delle responsabilità sulla preparazione evidentemente sbagliata e di situazioni specifiche gestite male (fatto questo da non sottovalutare e sul quale spero si intervenga), l’idea estiva di Juve era molto diversa da quella attuale e ciò ha pesato. Gli undici ideali erano stati pensati con Nico titolare a destra (fino all’infortunio è sempre stato titolare), con Sancho (ahimè saltato all’ultimo) titolare a sinistra, e con Douglas Luiz a centrocampo a supporto di Dusan Vlahovic. La squadra era stata inoltre costruita attorno alla certezza Bremer, che per le sue caratteristiche ti permetteva di alzarti come linea difensiva di una decina di metri. Causa infortuni qualche mancata cessione, Motta si è ritrovato a giocare con altri giocatori al loro posto, e – col senno di poi – possiamo affermare che non funzionano, lì, per quello che viene loro chiesto. Yildiz largo a sinistra non è probabilmente nella sua posizione ideale e viene privato delle qualità migliori che sono il tiro in porta e la pulizia tecnica; Cisco da giocatore anti-sistema in grado di creare caos, si è trasformato nella fonte principale del nostro gioco offensivo con continui isolamenti che, ripetuti per 90’ per decine di partite di fila, ci hanno reso troppo prevedibili; Koopmeiners ha confermato di non avere la voglia né la capacità di Luiz di giocare la palla tra i piedi e – in difesa – fatichiamo a salire così come a costruire con i difensori, caratteristica che a Bologna era stata il vero punto di forza della squadra di Motta. I quattro calciatori più forti che l’allenatore ha avuto a disposizione in attacco (Yildiz, Vlahovic, Cisco e Koop) sono tutti giocatori non associativi per caratteristiche, si passano pochissimo la palla e si scambiano pochissimo anche la posizione, rendendo facilmente “leggibile” il nostro gioco. In tutto questo, la rigidità tattica di Motta non ha aiutato perché non abbiamo visto tentativi di sfruttare diversamente le loro caratteristiche specifiche, ma si è insistito su un’idea che probabilmente avrebbe bisogno di altri interpreti per realizzarsi al meglio.

Ci sono margini di miglioramento?

Sì, enormi. Se altre squadre hanno overperformato finora, la Juve è terza per xPoints (dati Understats) pur essendo sesta per punti. Abbiamo visto pure l’anno scorso che anche grandi anomalie poi alla lunga tornano verso un equilibrio più corretto tra quanto prodotto e quanto raccolto e questo dovrebbe avvantaggiarsi. Inoltre, proprio il mercato di gennaio e il recupero di alcuni calciatori a lungo infortunati possono garantire a Motta una rosa più variegata e più adatta alle sue idee per provare a giocare meglio e quindi portare a casa più vittorie. Insomma, tornando ad avere a disposizione giocatori più adatti alle sue idee, potremmo trarne grande beneficio. Ma i miglioramenti possono e devono venire innanzitutto dai leader tecnici della squadra, dai giocatori “forti” che avrebbero dovuto fare la differenza e non la stanno facendo, uniti alla capacità di Motta di metterli in condizioni migliori per fare meglio.

Chi sta rendendo al di sotto delle attese?

La squadra avrebbe dovuto essere trascinata da quattro giocatori chiave, di un livello chiaramente superiore agli altri: Bremer, Douglas Luiz, Koopmeiners e Vlahovic. Tolto il difensore brasiliano, infortunatosi, nessuno degli altri giocatori chiave ha confermato le aspettative. Vlahovic ha realizzato solamente 3 gol su azione in 16 partite di campionato, ovvero un gol su azione ogni 442’. Si possono fare tutti i discorsi che vogliamo sulla tattica, ma ricordiamoci che non parliamo di un videogioco o di una gara di scacchi, bensì della gestione di calciatori che poi vanno in campo e devono fare la differenza, loro. Se sbagli la quantità di gol che ha sbagliato in questo girone Vlahovic, un po’ di colpe (anzi, tante) sono innanzitutto sue. Sono d’accordo con chi sostiene che il contesto tattico nel quale Dusan sia costretto a lavorare, anche quest’anno, non lo valorizzi come succedeva a Firenze, ma se tante volte (non ultima con la Fiorentina) l’impressione è che a centravanti invertiti l’avremmo vinta noi, un po’ di domande ce le dovremmo iniziare a fare anche su di lui. Stesso discorso si può applicare per Koopmeiners: l’olandese è stato fortemente voluto da Motta, ma al momento il suo rendimento è al di sotto di ciò che ci si deve aspettare da un giocatore forte come lui. Se è vero che il suo impiego facilita i compagni e fa felice Motta, è vero anche che la capacità di incidere con gol e assist è venuta totalmente meno e, con una squadra che fatica a tirare e a creare occasioni da gol, servirebbero entrambi. Il suo lavoro di copertura per i terzini sinistri che lasciano la posizione, o la guida del pressing della squadra, o le sovrapposizioni continue per aiutare gli esterni, o il sacrificio difensivo (con i rientri) e offensivo (abbassandosi e allontanandosi dal centro per portare via un marcatore) sono quelle piccole cose che gli allenatori adorano e infatti Thiago non fa che elogiarlo per atteggiamento e sacrificio: al tempo stesso, però, visto l’ingente investimento economico, non può bastare. Come nel caso di Dusan, è vero che spesso le condizioni tattiche non sono state ideali per lui, ma dall’MVP della passata Serie A ci si deve aspettare comunque di più. Su Douglas Luiz, invece, sospendiamo il giudizio ma anche lui è chiamato ad incidere nella seconda parte di stagione perché sono i grandi giocatori che ti fanno vincere le partite, e lui lo è.

Cosa serve a gennaio?

Innanzitutto, due difensori. L’ideale sarebbe accoppiare un difensore pronto subito, da buttare immediatamente nella mischia e dal rendimento garantito in un periodo di tempo piuttosto breve (best case scenario: Tomori), ad un difensore da costruire, con caratteristiche che si sposino perfettamente con le esigenze tattiche di Thiago Motta e quindi con capacità di impostazione, pulizia tecnica, personalità nel giocare il pallone, capacità di portare palla in conduzione, capacità di difendere anche alto (best case scenario: Antonio Silva). Mi rendo conto non sia facile, ma questo servirebbe perché hai perso non solamente “due difensori”, ma il miglior difensore d’Italia ed uno dei top-5 al mondo, oltre ad un ottimo rincalzo come Cabal. Servirebbe, inoltre, un giocatore d’attacco: o un esterno, puntando definitivamente su Nico come attaccante, oppure un sostituto di Vlahovic che abbia caratteristiche diverse dal serbo e permetta a Motta di variare la proposta di gioco (best case scenario: Zirkzee). Difficile anche in questo caso, ma serve qualcosa e ci aspettiamo che accada.

Il quarto posto è a rischio?

Calma! Al di là del fatto che ci siano ancora 60 punti da assegnare, una Lazio “stellare” è finora davanti solamente 3 punti davanti alla Juve delle cavallette e delle piaghe d’Egitto con tutti i problemi elencati finora e i margini di miglioramento che sicuramente abbiamo. Ciò vuol dire che, aggiustando un pochino prestazioni e risultati, non dovrebbe essere troppo complicato finire nelle prime quattro. Certo, il Milan che cambia allenatore potrebbe diventare una contendente vera, ma anche in quel caso abbiamo tutte le carte in regola per centrare l’obiettivo anche senza dover sperare nella qualificazione via quinto posto.

E se non ci riuscissimo?

Non arrivare nei primi 4, nonostante sia l’anno zero di un nuovo progetto, sarebbe un fallimento sportivo, senza mezzi termini. Sufficiente ad azzerare dirigenza o staff tecnico? Non necessariamente. Sono due cose distinte: si può fallire una stagione, ma al tempo stesso decidere di proseguire per un altro anno facendo un altro tentativo; al tempo stesso, può anche avverarsi (come è successo spesso ultimamente) che raggiungere gli obiettivi stagionali possa portare lo stesso alla sostituzione di dirigenti e/o allenatori.

Ma la società è forte? Ci siamo strutturati bene?

A mio avviso, nì. Manca una figura che faccia da tramite tra il responsabile delle cose “di campo”, ovvero Cristiano Giuntoli, e la rappresentanza della società, ovvero Maurizio Scanavino. C’era (Francesco Calvo, ndr), ma e’ stato spostato ad altra mansione da Scanavino per lasciare totalmente carta bianca al neo dirigente. Per me si tratta di un errore concettuale e pratico (Calvo è uno che “parla”, se deve parlare, e non ha paura di assumersi la responsabilità di farlo), un errore che abbiamo già commesso in passato quando la over semplificazione di ruoli e funzioni aveva portato ad accentrare troppe responsabilità in persone (penso a Fabio Paratici) che non avevano una competenza generale per gestire a 360° l’area sport di un club come la Juve e hanno finito per deragliare, da soli: con Giuntoli, mi pare che si sia rifatto lo stesso errore. Se risponde direttamente a Scanavino, ovvero ad un dirigente senza esperienza calcistica, qualcosa che non funzioni nella linea di comando per me c’è. L’ex dirigente del Napoli ha avuto libertà totale per formare il suo staff (occhio, però: sostituire Tognozzi con Stefanelli e Manna con Pompilio non è necessariamente un upgrade solalmente perché sono suoi amici…), ma ora deve davvero incidere dopo un anno di “osservazione”. Ci sono delle cose “non da Juve” che sono successe dallo scorso maggio e mi aspetto che si migliori soprattutto nella gestione pubblica di alcune frizioni (es. la gestione dei giocatori fuori rosa estiva, o quella recente di Danilo) e nella comunicazione delle decisioni prese (a volte meglio una mezza bugia, e ne ha dette tante in due anni; a volte l’onestà). È inoltre compito di Giuntoli quello di far ragionare Motta e il suo staff sugli errori eventualmente commessi (penso soprattutto alla gestione atletica, ma anche all’utilizzo di alcuni giocatori sui quali Giuntoli punta tanto): se non è in grado di esporsi e assumersi la responsabilità di sporcarsi le mani, non è adatto ad un ruolo così totalitario. Per quanto riguarda Giorgio Chiellini, invece, ritengo il suo inserimento in dirigenza finora un successo: me ne parlano tutti bene, continuo a ricevere feedback ultra positivi su di lui e sono sicuro che stia lavorando bene assieme a Calvo, anche se lontano dalla parte “football” e più vicino a quella “politica”.

Fuori dal campo la Juve sta lavorando bene?

L’obiettivo economico di quest’estate era arginare le perdite e abbattere i costi annui della squadra: ci siamo in parte riusciti, anche se la strategia è stata più quella di ricostruire le basi di un progetto pluriennale con grossi investimenti (sempre generati da risparmi e cessioni) piuttosto che quella di limitarsi a piccoli ritocchi e aggiustamenti cambiando solamente la guida tecnica. Nei prossimi anni, si spera che gli acquisti di calciatori saranno inferiori, in modo da permettere a chi è stato acquistato o promosso in prima squadra di crescere in prestazioni e valore e al debito di diminuire tramite qualche cessione. Sul lato entrate, manca ancora un main sponsor sulla maglia (ci sono un paio di trattative in corso promettenti, speriamo di chiuderne una), ma si sono raggiunti altri accordi paralleli che hanno portato soldi nelle casse bianconere. Sul lato “politico”, invece, i successi sono stati molteplici: la Juventus non solo è rientrata nell’ECA (ed è indubbiamente meglio esserci che restarne fuori, non andate in cortocircuito logico!), ma Chiellini ha concretizzato un ottimo lavoro societario facendosi nominare come rappresentante presso l’UEFA; in Italia, invece, il dominio decennale di Lotito è per la prima volta stato non solo messo in discussione, ma sconfitto in un paio di occasioni con Calvo che potrebbe guadagnarsi un posto come rappresentante della Lega presso la FIGC e con la Juve che guida la nuova alleanza al potere insieme all’Inter e alle proprietà straniere.

C’è ancora speranza o il progetto è già da buttare?

Semmai è da aggiustare. Non tutte le ciambelle nascono col buco, ma non vuol dire che siano da buttare. Per quanto abbia dei dubbi sul funzionamento corretto di certe dinamiche societarie e per quanto siano stati commessi diversi errori (altrimenti non saremmo dove siamo), si può e si deve trovare delle soluzioni e – conoscendosi meglio – sono sicuro che diverse situazioni potranno essere aggiustate, già da gennaio e soprattutto poi in estate. Motta non è da buttare e non lo è nemmeno Giuntoli, perché sarebbe ingeneroso e stupido farlo dopo così poco tempo, ma soprattutto non è ancora da buttare la stagione. Abbiamo cinque trofei e altri sei mesi per dimostrarlo, poi tireremo le prime vere somme.

VOTO FINORA? 5,5