Vermiglio il film che porta la solita domanda “che avra’ voluto dire?”

(Su Sky Cinema) Confesso in premessa che a Maura Delpero (Bolzano, 1985) mi sento vicino perche’ e’ una Bilancia come me nata il 3 ottobre. Alla sua seconda opera, dimostra che come faceva Ermanno Olmi, sa girare, far recitare gli attori in maniera sublime (dei bambini non li avete mai visti cosi’ in un film o nella pubblicita’) e raccontare con amore la storia della famiglia del maestro Casadei che vive nella frazione trentina di Vermiglio, in Val di Sole, in una casetta in mezzo ai campi e alla neve dei lunghi inverni di montagna.

Ci sono Lucia, Ada, Flavia, Dino e altri fratellini in una famiglia che ha avuto dieci nascite, non tutte purtroppo andate a buon fine, come succedeva nell’Italia rurale all’epoca della Seconda Guerra Mondiale. Poi arriva un soldato siciliano disertore, Pietro, e si innestano varie dinamiche. Magnifico Tommaso Ragno nei panni del maestro elementare Cesare che aspira al bello e decide, magari perche’ e’ contrario alla scuola di massa, a suo insindacabile giudizio chi possa continuare gli studi e chi no. Pulsioni sessuali e aspirazioni personali, coraggio e solitudine, fatiche e una vita dura con gli animali e la natura di una umanita’ che non e’ cosi’ diversa (se si scava a fondo) da noi che viviamo ora nelle citta’ con i riscaldamenti accesi. Poi dopo la fine della guerra arrivo’ il boom, la radio, poi la tv, poi il maestro Manzi, poi il Grande Fratello ma le dinamiche restano le stesse, anche se il progresso stravolge il contesto in cui vivono gli uomini. In questo modo cerco di rispondere  alla domanda che tutti si fanno dopo aver visto questo film: Ma che avra’ voluto dire? Aggiungo che Delpero solo con questo film ha detto qualcosa che non rinvenirete nell’intera filmografia di Ozpetek, il cui ultimo film Diamanti in questi giorni richiama un pubblico numeroso. Dice: ma ce l’hai con Ozpetek? No, affatto, solo non sopporto chi dirige un film e in ogni inquadratura vuol farci intendere: guarda che io sono un Autore (con la maiuscola). Come diceva Troisi: e mo’ me lo segno. L’Autorismo malattia infantile del cinema italiano (come ripeto sempre, in America ci sono i director, da noi invece solo e tutti Autori).