Giovanni Malago’ (1959), presidente del Coni, e’ un figlio di papa’. Il suo si chiama Vincenzo ed e’ un concessionario di auto di lusso. (wikipedia) Il suo primo lavoro è quello di venditore di auto di lusso: nel corso degli anni sarà agente della BMW, della Ferrari e della Maserati. Inizia l’attività imprenditoriale nel settore della vendita di automobili come amministratore delegato della società del padre, la Sa.Mo.Car. S.p.A. (gruppo Samofin S.p.A., società di partecipazioni di cui è AD e di cui detiene il 95%) di via Pinciana, davanti a Villa Borghese: è in quel periodo che nasce il rapporto con la famiglia Agnelli (diventa amico dei figli di Susanna Agnelli, Cristiano e Lupo Rattazzi) e il legame con Luca Cordero di Montezemolo (con cui è socio al 50% nella Mo.Ma. Italia srl, società di partecipazioni nel settore nautico Itama/Tornado).
Controversie
Secondo un articolo di Panorama, negli anni ottanta Malagò «avrebbe investito due ragazzi» mentre era alla guida della sua auto, uccidendoli; di tale — presunto — omicidio colposo non risulta tuttavia traccia nel suo certificato penale. Sempre secondo la stessa inchiesta di Panorama, nel 1988 Malagò, insieme al padre, vende una casa di famiglia in zona Balduina a un avvocato romano: una parte viene pagata in contanti e un’altra viene trasferita in Svizzera su richiesta dei venditori.
Per aver comprato tre esami universitari (Diritto Privato, Economia politica 2 e Diritto Commerciale) con l’aiuto di un bidello che falsificava le firme dei docenti con cui li avrebbe sostenuti, nel 1993 viene condannato in primo grado a 1 anno e 10 mesi, ma nel 1999 viene prescritto e l’anno seguente la Corte d’Appello trasferisce gli atti all’Università degli Studi di Roma «La Sapienza», che annulla la sua laurea; all’età di 46 anni Malagò si laureerà all’Università di Siena dopo aver sostenuto gli esami mancanti.
Nel settembre 2014 viene inizialmente condannato dalla Disciplinare della Federnuoto (FIN) a 16 mesi di squalifica in qualità di presidente del Circolo Aniene poiché ritenuto responsabile di “mancata lealtà” e “dichiarazioni lesive della reputazione” del presidente federale Paolo Barelli, in precedenza denunciato dal Coni per una presunta doppia fatturazione.Nel dicembre successivo il Collegio di garanzia del CONI ha annullato la squalifica, sanzionando inoltre la FIN con il pagamento di 2.500 euro di spese legali.
Nella sua villa sulle dune di Sabaudia, nel parco del Circeo, prova a sanare nove abusi edilizi; il nucleo investigativo di polizia ambientale nel 2015 sequestra una vasca idromassaggio esterna e due anni dopo il TAR respinge il ricorso di Malagò contro la demolizione di una palestra interrata.
Nel giugno 2018 viene iscritto nel registro degli indagati con l’accusa di corruzione, nell’ambito dell’inchiesta sulla costruzione dello stadio della Roma a Tor di Valle, per aver provato a cercare un posto di lavoro per il fidanzato di sua figlia Ludovica presso l’immobiliarista intercettato Luca Parnasi. Tre mesi dopo la Procura chiederà al GIP l’archiviazione per Malagò.
A fine maggio 2020, i pm Paolo Filippini e Giovanni Polizzi aprono un’indagine per falso nei suoi confronti. In ruolo di presidente del CONI ed in qualità di presidente-commissario della Lega Serie A, finisce sotto inchiesta con l’accusa di aver falsificato il verbale dell’assemblea, presieduta da Malagò, che portò all’elezione del presidente della Lega di Serie A Gaetano Miccichè “per acclamazione”.
Nel novembre 2022 Malagò viene archiviato riguardo a una presunta tangente pagata dall’allora amministratore delegato di Sky Andrea Zappia a favore suo e dell’allora numero uno della Lega Calcio Gaetano Miccichè per l’assegnazione dei diritti TV del triennio 2018-2021.
Gabriele Gravina (1953) rieletto presidente della FIGC per la terza volta con 98,68% voti.
(Il Fatto quotidiano) Più colleziona fallimenti, più prende voti. Più scandali e inchieste indeboliscono la sua credibilità, più lui si rafforza. Gabriele Gravina era e rimane il numero 1 del calcio italiano. Il mondo del pallone lo ha scelto un’altra volta, nonostante tutto, praticamente all’unanimità: è stato rieletto presidente della Figc per la terza volta consecutiva con addirittura il 98% dei voti. Il risultato era scontato: Gravina si presentava all’assemblea elettiva da candidato unico, indicato da tutte le componenti tranne giusto la Serie A che comunque ha dato la sua benedizione indiretta. La sorpresa, il paradosso di queste inutili elezioni è che oggi, dopo sette anni di nulla assoluto sul piano delle riforme, dopo due figuracce epocali della nazionale (la mancata qualificazione ai Mondiali 2022, la disfatta a Euro 2024) che avrebbero indotto chiunque alle dimissioni, dopo un’inchiesta in cui è indagato per autoriciclaggio e rischia il processo, Gravina è ancora più potente di ieri. Perché non soltanto è riuscito a difendere la sua poltrona e quella degli alleati che gliela garantiscono. Ha persino esteso la sua influenza, che ormai è totale sul mondo del pallone.
Il “sistema Gravina” si fonda su una serie di capibastone che controllano le componenti numericamente più pesanti, a partire dall’impero dei Dilettanti, dove dopo aver fatto fuori il suo ultimo vero rivale, Cosimo Sibilia, il n.1 federale ha piazzato l’eterno Giancarlo Abete. Poi c’è la Serie C, il feudo da cui proviene, affidato al giornalista Matteo Marani, altro uomo di fiducia. Infine, calciatori e allenatori, cioè Umberto Calcagno (che è anche vicepresidente Figc) e Renzo Ulivieri, due vecchi sindacati che non sono più nemmeno in grado di fare gli interessi della propria categoria ma contribuiscono a mantenere l’ordine costituito. Contando sul loro appoggio incondizionato (e non proprio disinteressato: tutti hanno il loro tornaconto dalla Federazione), Gravina è riuscito a passare indenne le ultime tempeste, compresa l’invasione della politica con l’emendamento Mulè che doveva scardinare questi equilibri e invece è stato assorbito senza ripercussioni.
