Nell’ottobre 1982, sull’«Espresso», Umberto Eco scrisse un elogio del riassunto. Riteneva che fosse più importante farlo che leggerlo, perché: «Fare riassunti insegna a condensare le idee. In altre parole insegna a scrivere». E a pensare. Per questo, il riassunto, come lo studio a memoria, sarebbe da esercitare a scuola. L’elogio di Eco era la premessa a una raccolta di dodici riassunti (in non più di 15 righe) di altrettanti capolavori della letteratura. E ora quell’antologia (con la premessa di Eco) viene riproposta da Henry Beyle, con acquerelli e acqueforti di Tullio Pericoli. A quel «gioco», riassumendo il Robinson Crusoe di Defoe, partecipò anche Italo Calvino. Il quale qualche giorno dopo, sulla «Repubblica», ritornò sull’argomento per dire la sua sulle prove dei colleghi, che erano: Giovanni Mariotti (sulla Divina commedia), Luigi Malerba (Orlando furioso), Ruggero Guarini (Le affinità elettive), Giovanni Giudici (David Copperfield), Attilio Bertolucci (La certosa di Parma), Giovanni Raboni (La recherche), Piero Chiara (I promessi sposi), Cesare Garboli (I miserabili), lo stesso Eco (Ulisse di Joyce), Alberto Arbasino (Madame Bovary), Alberto Moravia (Delitto e castigo). Calvino promuoveva, oltre a sé stesso, il tentativo di Garboli. Che cosa intendeva Calvino quando parlava del riassunto? Il riassunto, secondo lui, presuppone un atto critico (di selezione) ma non è un saggio critico né un commento. Inoltre, nel sintetizzare la trama del libro da riassumere, il riassunto deve almeno evocarne «l’atmosfera stilistica». Calvino tentò di farlo in 1284 battute (spazi inclusi) con Robinson, sforzandosi di mimare, per esempio, l’elencazione, l’attenzione al dettaglio e la concretezza di Defoe. Certo, sarebbe stata una follia per Raboni tentare la stessa operazione con la sterminata opera di Proust, riassunta eroicamente in 865 battute (sempre spazi inclusi). Chiara ha fatto una sintesi perfetta, senza però accennare allo stile di Manzoni. Moravia ha inserito il riassunto (impeccabile) in un mini-saggio, Malerba ha giocato, Mariotti anche. Arbasino ha voluto arbasineggiare, ma trascurando Flaubert. Il buon riassunto esige di andare all’essenziale, dunque impone di evitare le allusioni e le divagazioni. Per molti scrittori e/o critici il riassunto è quasi una psicoterapia per tenere a freno l’io debordante. Non poco.