So che è perfettamente inutile, che troppi politici, accademici e commentatori, per troppi anni, hanno investito troppo del loro credito e della loro credibilità nell’ideologia del bipolarismo maggioritario e parapresidenziale, per potere adesso accettare l’idea di fare marcia indietro.
Forse solo tra alcuni decenni, quando la maggior parte di loro non ci sarà più, avremo una lontana possibilità di tornare al proporzionale, a un parlamento realmente sovrano e non ricattabile da nessuno, a un equilibrio di pesi e contrappesi che ci garantisca dal rischio che qualsiasi maggioranza possa pensare di fare cappotto.
Eppure quello che sta accadendo negli Stati Uniti di Donald Trump è così grave, così gravido di conseguenze per tutto il mondo e al tempo stesso così autoesplicativo, da spingermi a tentare un penultimo, disperato appello (l’ultimo me lo tengo per quando il centrodestra tenterà l’assalto sulla riforma del premierato, o più probabilmente sulla legge elettorale).
Come si fa a non vedere il collegamento tra la possibilità che il sistema ha dato al presidente americano di catturare la Corte suprema, e da qui iniziare il tentativo di abbattere ogni limite costituzionale al suo potere, esattamente come è accaduto, non per caso, nell’Ungheria di Viktor Orbán, e la necessità di ripristinare in Italia un sistema pluralistico, in cui chi vince non prende tutto, in cui le alleanze si costruiscono in parlamento (e sono dunque sempre reversibili), in cui nessun leader può pensare di imporre i propri scherani per la Corte costituzionale, per le autorità di controllo, per il Consiglio superiore della magistratura o per la televisione pubblica?
La priorità, con tutto quello che sta capitando negli Usa, è mettere in sicurezza i fondamenti della democrazia liberale
Per questo occorre rimuovere l’anomalia solo italiana, sconosciuta a qualsiasi altra democrazia occidentale, rappresentata dalle coalizioni pre-elettorali, per tornare a un sistema proporzionale e realmente parlamentare come quello tedesco, cioè quello che avevamo fino agli sciagurati referendum dei primi anni novanta, che hanno alterato completamente gli equilibri su cui si fondava lo stesso disegno costituzionale, esponendoci a ogni forma di populismo concepibile.
Lungi dal portare la tanto invocata «costituzionalizzazione delle estreme», è sotto gli occhi di tutti come il meccanismo del bipolarismo di coalizione, in questi trent’anni, abbia portato a una progressiva emarginazione delle forze centrali e a una estremizzazione dell’intero sistema.
Fino a quando tutto questo accadeva all’interno dei confini sicuri degli assetti europei e occidentali degli anni novanta e dei primi decenni del duemila, il danno è stato relativamente limitato (molto relativamente, considerando il degrado del sistema politico e la trentennale stagnazione economica).
Ma nell’Europa e nel mondo di oggi mettere in sicurezza i cardini della democrazia liberale dovrebbe essere la primissima priorità di qualunque leader politico, commentatore, intellettuale o semplice cittadino degno di questo nome. La situazione è talmente grave, il pericolo è talmente grande, che non è più nemmeno accettabile l’alibi del realismo, della mancanza delle condizioni politiche e dei rapporti di forza. Se le condizioni non ci sono, a questo punto è solo un motivo di più per muoversi e fare del proprio meglio per crearle. Perché l’alternativa è lo scivolamento lungo una china in fondo alla quale ci aspetta un regime oligarchico-autoritario sul modello trumputiniano.