La colpa della sinistra, dell’Europa, dell’Occidente, insieme o una alla volta

Una cosa accomuna le molte letture “alternative” della guerra in Ucraina e del nuovo ordine mondiale trumputiniano, rosse, nere, rossobrune, quelle dei liberali per Meloni e quelle dei pacifisti per Trump: la colpa è della sinistra, dell’Europa, dell’Occidente. Una alla volta o anche tutte e tre insieme.

Mentre la Russia bombarda Kiev e Odessa, uccide civili e tiene sotto tiro tutte le città ucraine, i giornali del caro vecchio patto di sindacato gialloverde, La Verità e Il Fatto, in traduzione simultanea dal russo senza neanche bisogno dell’intelligenza artificiale, lanciano l’allarme sull’Europa “guerrafondaia”. Il Manifesto, invece, ci spiega in prima pagina che la Germania non deve riarmarsi, guai, perché ha in casa un partito neonazista del 20 per cento e non sia mai che l’arsenale tedesco finisca in mano a un futuro governo a guida Afd, partito che è contrario agli investimenti in difesa, quindi per evitare il rischio meglio allinearsi alla posizione dei neonazisti e far finta che governino già loro.

Mentre Donald Trump deporta i migranti in manette come schiavi, espelle dalla Casa Bianca la stampa che “parla male di me”, chiude il dipartimento per l’Istruzione, pubblica l’elenco delle parole vietate per legge, Federico Rampini ci racconta con disprezzo il rovello che attanaglia i nuovi Usa: le cene degli intellò newyorchesi indecisi se espatriare o meno. Ché poi sia chiaro: se partono sono vigliacchi, se restano sono imbelli.

Mentre 50mila persone scendono in piazza a Roma per l’Europa e mentre la presidente del Consiglio dileggia i perseguitati di Ventotene facendone una indegna caricatura, un po’ bolscevichi e un po’ antesignani della sinistra elitaria ztl, il direttore del Riformista Claudio Velardi, già consigliere di Massimo D’Alema a palazzo Chigi, accende un faro sul problema più incalzante: i manifestanti che in piazza del Popolo fischiavano Trump. A Velardi non piace che si fischi Trump, “che finirà per realizzare qualcosa di somigliante alla pace – scrive – ma non per questo sarà mai apprezzato dai pacifisti, perché loro più che battersi per la pace in Ucraina, vogliono continuare sine die la guerra all’Occidente”. La guerra all’Occidente non la fa Trump che asseconda Putin, molla l’Europa, liquida la Nato. No, il problema è la piazza più occidentale degli ultimi trent’anni e il signor Pino che manifesta a Roma con la bandiera della Ue.

Soprattutto, Velardi non deve essersi accorto che i “pacifisti” con cui se la prende la pensano esattamente come lui: tifano per la “pace” di Trump, ansiosi di dimostrare che il protrarsi della guerra in Ucraina era tutta colpa della “furia bellicista” della Ue (qualche tempo fa chiesero a Giuseppe Conte, leader del M5S, cosa avrebbe fatto per far finire la guerra se fosse stato ancora presidente del Consiglio e lui rispose: “Avrei telefonato a Putin tutti i giorni”. Siamo noi a non aver capito che l’assenza di pace era solo un problema di coreografia scadente su un “chiamo io-chiami tu”).

Che poi, quali titoli morali ha il signor Pino per prendersela con l’imperialismo di Putin? Guardasse agli scheletri nell’armadio suo. Selvaggia Lucarelli, rimbrottando Roberto Vecchioni per il suo discorso dal palco di piazza del Popolo intriso di “colonialismo culturale”, sottolinea che “c’eravamo d’un tratto dimenticati della tratta degli schiavi, dello sterminio dei nativi d’America, dell’olocausto e di Srebrenica”. Se a piazza del Popolo fosse stata una manifestazione anche contro il generale Custer e il Settimo Cavalleggeri, allora sì che forse, al limite, sebbene con la coscienza sporca, si sarebbe potuta spendere una mezza parolina pure su Putin.