“Il mio augurio è che si giunga a un’area di libero scambio euro-atlantica per unire il più grande bacino commerciale delle democrazie occidentali, piuttosto che dividerlo”, ha detto Adolfo Urso. Il ministro delle Imprese e del Made in Italy si è svegliato tardi. Non di qualche ora, ma di un decennio. Questo accordo tra Unione europea e Stati Uniti si chiamava Transatlantic Trade and Investment Partnership (Ttip), il negoziato era partito nel 2013, si è arenato nel 2016 ed è poi tramontato definitivamente con i primi dazi di Trump nel 2018. L’Italia e l’Europa quell’accordo avrebbero dovuto chiuderlo quando alla Casa Bianca c’era Barack Obama, il grande artefice e promotore del Ttip, ma all’epoca la destra italiana tifava per Donald Trump. E ora che i suoi dazi si sono abbattuti sull’Italia la destra invoca improbabili accordi di libero scambio.
All’epoca, quando era possibile abbattere reciprocamente dazi e barriere non tariffarie con gli Stati Uniti, Giorgia Meloni accusava l’allora ministro dello Sviluppo Carlo Calenda, che seguiva il negoziato ed era a favore del Ttip, di far parte di “un governo che ha il preciso scopo di svendere ai poteri forti internazionali ciò che di buono rimane dell’Italia”. Il governo, che puntava a rafforzare il ruolo dell’Italia e dell’Europa nel commercio internazionale, era quello di Matteo Renzi: “Al G7 Renzi china la testa ai poteri forti sul Ttip”, diceva Meloni perché quello era “un accordo che rischia di mettere a repentaglio la sovranità economica e politica dell’Italia”. Traditori della patria, insomma. L’accusa era ovviamente rivolta anche a Bruxelles, che “ci svende agli interessi di Obama”. Quella foga contro il presidente degli Stati Uniti sfoderata per un finto pericolo è scomparsa adesso che il danno si è materializzato con i dazi di Trump.
Così, ora che è al governo, la destra vorrebbe ciò contro cui si opponeva e rifiuta ciò che desiderava. Protezionista quando c’era Obama, liberoscambista ora che c’è Trump. (…)