Robert Guediguian, chi è questo incredibile maestro del cinema francese?

La gazza ladra, La commedia balzachiana di Guédiguian (maurizio porro, 2025)

Rieccoci all’Estaque, quartiere proletario della Marsiglia ricca di umanità di Guédiguian, quella del mercato del pesce, non quella di Borsalino. Nuovo capitolo di una grande commedia, in senso balzachiano, che vede al centro Maria, badante che non esita a fare la cresta ai vecchi clienti, perché vuol far diventare pianista il nipotino. Peccato veniale, ma fra ricchezza e felicità s’innesta una complicazione sentimentale che lascia però filtrare un lieto fine. Finché resiste.

Con i suoi attori, grande compagnia stabile, con la moglie Ariane Ascaride, Darroussin e gli altri, il grande autore parte sempre dai bisogni quotidiani e parla di generosità e felicità non solo fisica: girano soldi, ostriche, molti sentimenti, perfino la speranza, nell’armonia di un film felicemente perfetto. (m. po.)

LA VITA Rigoroso e appassionato cantore del cinema social-politico d’oltralpe, Robert Guédiguian (nato a Marsiglia nel 1953, padre armeno e madre tedesca) ha fatto della sua città natale “la forma e il linguaggio del mio cinema”. Oggi inglobato nel gigantesco scalo marsigliese, l’Estaque, un tempo porticciolo circondato dalle fabbriche, reso noto dagli impressionisti e i cubisti, è il set naturale della sua infanzia. Un mondo “strutturato dal movimento operaio”, segnato dalla solidarietà umana e dalla con ittualità sociale che forma la sua coscienza di artista e di militante politico.

Per studiare scienze sociali ed economiche e anche per seguire la donna della sua vita, quell’Ariane Ascaride, già attrice teatrale che di lì a poco diventerà musa e moglie, negli anni 70 si trasferisce a Parigi. Qui conosce il regista René Féret con il quale firma le prime sceneggiature. L’esordio alla regia arriva nel 1980 con Dernier été che riporta agli onori del grande schermo la realtà proletaria del Midi francese. I problemi e le contraddizioni dell’attualità (lavoro, disoccupazione, razzismo, individualismo esasperato…), lo spirito brechtiano, l’epopea operaia, la delusione sul fallimento della sinistra, la sua famiglia di attori e tecnici, “lo scacco delle ideologie” sono al centro della sua poetica. Temi che esplodono già in Rouge Midi (1983) e Ki lo sa? (1985). Per autofinanziarsi il regista fonda la AGAT Films & Cie, società che nel corso degli anni produrrà i lavori di autori affermati ed esordienti come Paul Vecchiali, Lucas Belvaux, Sólveig Anspach, Cédric Kahn, Lech Kowalski, Éric Zonca, Pierre Salvadori, Diego Lerman. Del 1989 è Dieu vomit les tièdes, dramma proletario ambientato durante le celebrazioni per i 200 anni della Rivoluzione seguito da L’Argent fait le bonheur (1993), prima collaborazione di una lunga serie con lo sceneggiatore Jean-Louis Milesi e brillante aba sociale emblema della doctrine Guédiguian. È così che À la vie, à la mort! (1994) incassa sempre più consensi e gli irriducibili protagonisti che popolano il “Perroquet Bleu” preparano il terreno per la solare favola d’amore Marius et Jeannette (1997), grande successo che apre la sezione Un certain regard del Festival di Cannes.

L’integrazione razziale balza al centro del tragico e lieto À la place du cœur (1998), mentre l’anarchica riflessione metacinematografica di À l’attaque ! (2000), il duro e sincero La ville est tranquille (2001) e la luminosa e dilaniante commedia sentimentale Marie-Jo et ses deux amours (2002) compongono l’ennesimo, sentito omaggio a Marsiglia, città portuale decadente e contraddittoria che “racchiude in sé tutti i problemi del mondo”. Gli ultimi anni sono quelli dei progetti spiazzanti e avvincenti, che continuano a parlarci del nostro tempo. Le promeneur du Champ de Mars (2005) è un biopic tratto dal libro di G.-M. Benamou che racconta con rigore e lucidità gli ultimi giorni di François Mitterrand; Le Voyage en Arménie (2006) un road movie e viaggio di iniziazione per dubitare su identità, impegno e amori; Lady Jane (2008) un noir aspro in cui vendetta chiama vendetta e la disperazione si fa implacabile. Nel 2009 Guédiguian celebra la Resistenza francese con L’armée du crime, tratto dalla storia vera di Missak Manouchian, poeta armeno e comunista, e dei suoi 22 compagni assassinati dai nazisti nel febbraio del 1944. Con Les Neiges du Kilimandjaro (2011) e con Au fil d’Ariane (2014), torna alla sua terra d’origine, Marsiglia, e riunisce al completo la squadra dei suoi attori preferiti per fotografare la contemporaneità e portare in primo piano chi voce non ha. “Per me, uno dei problemi più seri della società odierna è il fatto che non esista più una coscienza di classe. Nel senso che non si può nemmeno più parlare di ‘classe operaia’, è per questo che parlo di ‘povera gente’. Eppure, la coscienza di far parte della ‘povera gente’ non esiste”. Al cinema non resta che raccontare. Per il suo ventesimo film La Villa, in Concorso a Venezia 74, riunisce tutti i suoi amori: attori, temi, luoghi in una storia che racconta i sogni di ieri e di oggi.

Ecco cosa scrissi quando vidi il suo film LA VILLA (2017). Un delizioso film francese di un autore di 64 anni di Marsiglia che ha visto gli immigrati prendere il posto dei proletari di una volta. “Scompaiono dei vasetti di marmellata, una coperta, e nascosti tra gli arbusti della collina Armand e Joseph scoprono tre bambini dai grandi occhi neri, spaventati, silenziosi: due maschietti, una materna bambina, come sono stati loro, Ariane, Armand e Joseph: sono quelli che i militari stanno cercando, ma i tre fratelli non sono diventati lepenisti e neppure leghisti”, ha scritto Natalia Aspesi. C’è una scena favolosa che vale tutto il film. Ad un certo punto irrompe un brano dei Rolling Stones e si vedono i protagonisti giovani su una Dyane nel 1968. Nessun trucco. Il regista aveva girato con gli stessi attori un altro film in quei tempi e ne ripropone un frammento. Il passato, il “come eravamo” ti spacca l’anima con la forza del grande cinema. La Francia che amiamo: Jean-Pierre Darroussin, quello della serie tv “Le Bureau”, è meraviglioso, incarna “la gauche”.