La ragione per cui Trump e i suoi sgherri parteggiano per Putin è semplice, e tragica

Steve Witkoff, l’analfabeta che per pareggiare l’ignoranza assoluta di Donald Trump è stato scelto per fare il suo inviato speciale in Medio Oriente e, dato che i suoi nonni erano russi, anche per fare il sensale sulla guerra di aggressione russa all’Ucraina, giovedi è andato a Parigi dove, per parlare di Ucraina e Russia, si è seduto al tavolo con i volenterosi di Emmanuel Macron in una delle favolose stanze dell’Eliseo che ospitarono la gran vita sociale di Madame Pompadour, la favorita di Luigi XV. Non so se quella stanza fosse la stessa dove Napoleone Bonaparte firmò l’atto di abdicazione del 1815, dopo la disfatta di Waterloo, so però dalla voce dell’analfabeta trumpiano che quella magnificenza gli ha ricordato Mar-a-Lago, la pacchiana residenza di Trump in Florida, curata nei minimi particolari da Trump medesimo, come ha tenuto a ribadire lo stesso Witkoff.

I francesi hanno cambiato discorso, evitando di rispondergli come avrebbero dovuto, con una cosa tipo «bien sur, però all’Eliseo i soffitti sono alti», mentre ai lati di Witkoff il resto della delegazione americana è stata colta da un’improvvisa risata isterica dettata dall’imbarazzo nei confronti degli ospiti e anche dalla paura di ritorsioni da parte della setta Maga che si è impossessata del paese un tempo faro globale della libertà.

Si giudica esattamente da questi particolari un mediatore (ripetiamolo: russo) che solo qualche giorno prima era andato a Mosca, ospite di un altro salone imperiale, al Cremlino, che però non ha avuto modo di apprezzare in pieno perché nel momento in cui ha visto entrare Vladimir Putin si è subito messo la mano sul petto per lanciare «cuoricini, cuoricini» al dittatore che, sì, deve avergli ricordato spiccicato il suo boss di Washington.

La mattina dopo i cuoricini di Witkoff al Cremlino, Putin ha ordinato la strage di Sumy, e altre ancora nei giorni successivi. Trump ha commentato così: «Mi hanno detto che è stato un errore» (gliel’avrà detto l’analfabeta di origine russa). Mosca invece ha serenamente rivendicato la strage, spiegando di aver colpito un obiettivo militare, anche se a Sumy sono morti solo civili e bambini, omettendo peraltro di dire di aver usato la tecnica del double tap, quella di colpire una seconda volta lo stesso punto qualche minuto dopo il primo missile, quando i soccorsi provano a salvare i feriti, per massimizzare il numero delle vittime.

Tutto questo in un contesto in cui le pressioni di Trump sono solo sull’Ucraina, la vittima dell’aggressione che tre settimane fa ha accettato il cessate il fuoco richiesto da Washington, mentre Mosca continua a colpire civili su tutto il territorio ucraino, con particolare e rinnovata efficacia visto che i sistemi missilistici di difesa a disposizione di Kyjiv cominciano a scarseggiare, perché ora che Trump è alla Casa Bianca l’America non finanzia più la guerra che, secondo Trump, avrebbe iniziato Zelensky, cioè l’invaso, anziché l’invasore Putin.

Trump vuole addirittura essere ripagato subito dall’Ucraina, da qui l’estorsione sul contratto per lo sfruttamento delle risorse minerarie ucraine, sorvolando sul fatto che i circa 100 miliardi di dollari americani (Trump parla di 300 miliardi, perché mente anche quando non ce n’è bisogno, per non perdere l’abitudine) sono stati spesi negli Stati Uniti, a favore di aziende americane, col risultato di aumentare il pil Usa e gli occupati americani nell’industria bellica, per costruire missili e altri sistemi d’arma con cui il Pentagono ha rinnovato il suo arsenale militare, parzialmente ridotto dagli invii di armi in Ucraina.

Che le motivazioni trumpiane siano soltanto scuse senza senso è diventato ancora più chiaro quando, dopo la strage di Sumy, il predatore in chief ha rifiutato la richiesta di Zelensky di acquistare (a pagamento, con i soldi europei, non gratis) i sistemi missilistici necessari a difendere le città ucraine dalla crudeltà russa. Senza contare che al G7 e all’Onu, mentre i russi continuavano e continuano a uccidere civili ucraini, Trump ha messo il veto su una risoluzione di condanna delle stragi russe e ha schierato l’America assieme alle più retrograde dittature del pianeta in difesa dei crimini di Mosca.

L’ultima, almeno per il momento, è che Trump si sarebbe stancato di aspettare una pace che aveva promesso entro 24 ore dalla sua elezione (5 novembre), poi entro 24 ore dal suo insediamento (20 gennaio), infine entro aprile, e che ora – nonostante l’Ucraina abbia detto di sì al cessate il fuoco e la Russia lo stia portando a spasso – Trump vuole abbandonare addossando la colpa ovviamente a Zelensky, reo di non accettare le condizioni dettate dall’analfabeta Witkoff, secondo il quale per sedersi al tavolo della trattativa la Russia dovrebbe ricevere in cambio, oltre alla Crimea occupata illegalmente, anche quattro regioni dell’Ucraina orientale che in tre anni di guerra, malgrado 800 mila morti russi, Putin non è riuscito a conquistare interamente. Però, secondo questi geni del Maga, l’Ucraina dovrebbe cedere completamente e per sempre sia i territori occupati militarmente dai russi sia quelli sotto sovranità di Kyjiv, e di conseguenza abbandonare non solo i connazionali che vivono sotto occupazione russa, ma anche più di un milione di ucraini liberi come precondizione perché Putin accetti di sedersi al tavolo per discutere di pace.

È evidente che Trump non voglia la pace dell’Ucraina, ma la resa dell’Ucraina per riprendere a fare affari con Putin. Cercare di razionalizzare la politica trumpiana, su questo come su qualsiasi altro argomento, è un errore da dilettanti, e da complici. C’è chi spiega che la raffinata strategia di Trump sia quella di separare la Russia dalla Cina, quando si vede a occhio nudo che sta rafforzando la posizione geopolitica di Pechino non solo a Mosca, ma anche in Asia e in Europa.

Trump ama gli uomini forti, e in particolare proprio Putin perche lo ha già aiutato a vincere la prima volta, a sorpresa, le elezioni presidenziali contro Hillary Clinton. C’è chi sostiene che il legame Trump-Putin sia molto più solido, e illegale, ma in realtà il motivo principale per cui Trump sta consegnando l’Ucraina ai suoi torturatori è molto più semplice, e non ha niente a che fare con ragioni geopolitiche o strategiche: Trump odia Zelensky perché nel 2019 gli chiese al telefono di legittimare una teoria del complotto escogitata (guarda un po’) a Mosca secondo cui il figlio di Joe Biden aveva fatto affari sporchi in Ucraina, allo scopo di danneggiare la campagna elettorale di Biden del 2020. Zelensky rifiutò, anche perché l’Ucraina è una democrazia e lì il presidente non controlla il potere giudiziario. Trump per vendicarsi bloccò (anche allora) il versamento di 400 milioni di dollari di aiuti americani promessi a Kyjiv, ed esattamente per questo motivo il primo presidente antiamericano degli Stati Uniti subì il secondo processo di impeachment al Congresso. Ora si sta vendicando.