La predilezione di Roberto Occhiuto per il calderone, e Vigna l’uomo dei conti

I più grandi truffatori del mondo, da Giuffrè negli anni cinquanta a David Madoff sino al tunisino Adel Dridi, si sono mossi applicando, con varianti diverse, lo schema Ponzi, che è un modello economico di vendita truffaldino ideato da Charles Ponzi (1882-1949). Le fasi dello schema Ponzi in genere sono così schematizzate:

Fase A. Al potenziale cliente viene promesso un investimento con rendimenti superiori ai tassi di mercato, in tempi ravvicinati.
Fase B. Dopo poco tempo viene restituita parte o l’intera somma investita, facendo credere che il sistema funzioni veramente.
Fase C. Si sparge la voce dell’investimento molto redditizio; altri clienti cadono nella rete. Si continuano a pagare gli interessi con i soldi via via incassati (la finanziaria ha capitale sociale zero, ma gli investitori non lo sanno).
Fase D. Lo schema si interrompe quando le richieste di rimborso superano i nuovi versamenti.
Lo schema di Ponzi permette a chi comincia la catena e ai primi coinvolti di ottenere ingenti ritorni economici a breve termine, ma richiede continuamente nuove vittime disposte a pagare le quote. I guadagni derivano infatti esclusivamente dalle quote pagate dai nuovi investitori e non da attività produttive o finanziarie. Il sistema è naturalmente destinato a terminare con perdite per la maggior parte dei partecipanti, perché i soldi “investiti” non danno alcuna vera rendita né interesse, essendo semplicemente incamerati dai primi coinvolti nello schema che li useranno inizialmente per rispettare le promesse.

In politica avviene qualcosa di simile e non occorre essere esperti economici o di finanza per rendersi conto che quando sulla stampa si comincia a leggere che quell’ente non ha un debito esattamente calcolato e precisato ci si trova davanti a situazioni simili allo schema Ponzi. Gli esempi sono indicativi e facili. Nel comune di Reggio Calabria gestione Scopelliti dopo la morte della dirigente Orsola Fallara nel 2010 si scoprì una situazione debitoria mai più esattamente definita. Come sta avvenendo da più di un decennio con le Asp sanitarie calabresi per le quali il commissario Occhiuto si intesta il merito di aver ripristinato i bilanci scritti, non più orali, ma senza che ancora si sia definito l’ammontare esatto dei debiti pregressi. Lo stesso avviene per i bilanci veritieri (non quelli certificati dai revisori politici dei conti) di molti comuni calabresi o meridionali, essendo quelli senza dissesto ormai una minoranza.

Il problema irrisolvibile si capisce con una metafora, quella del rubinetto aperto. E’ inutile che asciughi per terra se prima non chiudi il rubinetto dal quale scorre l’acqua. Il problema irrisolvibile sono sempre (nei comuni) i lavori per somma urgenza e i debiti pregressi, mai definiti una volta per tutte e sempre variabili, soprattutto ora che possono essere venduti a società di recupero crediti. I debiti pregressi, dei comuni o delle Asl, ormai lo hanno capito tutti, vengono pagati più e più volte (se non chiudi il rubinetto), basta un solo disonesto da comprare (come in aeroporto, se devi far passare droga o una bomba basta comprare un solo addetto ai controlli, non 150 persone), per cui i debiti si moltiplicano negli anni a dismisura. Se prima non chiudi il rubinetto succede come a Lamezia con il campo di Scordovillo, dove per ogni rom che lo ha lasciato ne sono arrivati due, e ora nel 2025 la Regione spenderà 30 milioni per spostare il problema da una parte all’altra della città. Oppure quel che è avvenuto con il superbonus edilizio che ancora lievitava sino a quando prima Draghi e poi Giorgetti non lo hanno cancellato (tutti gli altri lo volevano solo modificare). “L’inchiesta sulle banche di factoring e sulla compravendita dei crediti, della Procura di Milano, è più grande del previsto. Non c’è solo la Calabria, ma diverse regioni d’Italia. Gli accessi del nucleo di polizia valutaria della Guardia di finanza di Milano ci sono stati non solo nelle Asp di Cosenza e Reggio Calabria. Anche in Campania e in altre regioni. E le procedure vanno avanti da diverso tempo. Al centro ci sarebbe la funzione di questi istituti bancari, la loro capacità di acquisto dei crediti vantati da fornitori e privati nei confronti delle aziende sanitarie. Una situazione dove si nasconderebbero doppi e tripli pagamenti. Condizione oltretutto inasprita da situazioni gestionali e contabili complesse all’interno delle stesse aziende”. (Quotidiano del Sud, 9/3/24)

Talvolta è anche facile capire che se un individuo si è trovato invischiato in una amministrazione con debiti incalcolabili e poi passa a lavorare per altra amministrazione, tenderà a ricominciare il suo gioco perverso e a tessere la sua tela. I cattivi diventano buoni solo nelle serie televisive di molte stagioni, nella realtà il cambiamento non avviene mai. “Viene in mente Luciano Vigna ovvero l’assessore più fedele di Mario Occhiuto, il fratello di Roberto, sindaco di Cosenza per 10 anni fino al fallimento e al “fosso” da 500 milioni di euro. In giunta con Occhiuto dal 2011, in quota Orsomarso, si è sempre occupato di far quadrare i conti che sistematicamente Occhiuto scombinava. Ed è proprio per queste sue note capacità “ragionieristiche” che gli Occhiuto lo hanno sempre voluto al loro fianco. Vigna è il principale detentore di tutti i segreti contabili degli Occhiuto, il loro braccio armato nel portare a compimento il default della Città e presto anche quello della Regione Calabria. Oggi è uno e trino, capo di gabinetto di Occhiuto e numero uno indiscusso della Calabria Film Commission, oltre che Commissario Arrical” (iacchitè blog). Ora bisogna intendersi sulle capacità ragionieristiche di Vigna, che non sono quelle di chi applica lo schema Ponzi, ma piuttosto lo schema Gaucci o Lotito.

Occorre anche una seconda premessa (ulteriore allo schema Ponzi): quando in una amministrazione la trasparenza latita e un cittadino, non un hacker, non riesce a rintracciare una specifica delibera che ha speso soldi con beneficiari e causale ben specificati, significa che c’è del marcio in Danimarca. La stessa storia calabrese di medici e infermieri imboscati o adibiti ad altre mansioni dimostra che quando non c’è trasparenza si stanno coprendo nefandezze. Ognuno di noi, così come il consigliere regionale Tavernise, dovrebbe essere in grado di sapere dall’amministrazione pubblica quanti sono per ciascuna Asl. Ma una amministrazione (in cui comprendo anche la magistratura) incapace di fornire tali risposte ai cittadini è in grado poi di fare la lotta alla mafia? Domanda cruciale per i calabresi tutti.

Lo schema Lotito, che ricalca quanto faceva l’ex presidente del Perugia Gaucci, consiste nel mischiare tutto: la squadra di calcio, la Lazio, con tutte le sue altre attività, per cui è davvero difficile comprendere il bilancio effettivo di ogni reparto di questa galassia societaria. Per fare un esempio, Berlusconi è noto a tutti che costruì i successi del Milan calcio finanziandolo, fino a quando la figlia Marina non tagliò i viveri, attraverso Mediaset.

“Fra le critiche più spesso rivolte a Lotito dai suoi detrattori ci sono quelle relative ai soldi inseriti a bilancio per remunerare sette società di proprietà dello stesso presidente, il quale tiene però a sottolineare per iscritto all’interno dei bilanci ufficiali che né lui né tutto il gruppo dirigente riceve un euro per le cariche ricoperte nella gestione della Lazio. Nel 2006/07 le cosiddette “parti correlate” erano rappresentate dalla Roma Union Security e dalla Gasoltermica Laurentina, responsabili rispettivamente della vigilanza e della manutenzione del centro sportivo di Formello, che incassavano in tutto meno di mezzo milione.

Fino al 2011/12, nonostante l’aumento delle parti correlate a quattro per l’inserimento della Bona Dea (servizi di manutenzione straordinaria) e della U.S. Salernitana (nel frattempo acquistata da Lotito), i costi di questo tipo si sono tenuti a un livello molto basso (1,5 milioni). Dal 2012/13 in poi le parti correlate sono diventate sette e i costi sono aumentati a poco più di 5 milioni annui, con la notevole eccezione del 2013/14 quando le cifre sborsate a società di proprietà di Lotito si sono avvicinate ai 10 milioni provocando le comprensibili proteste dei tifosi”. (Marco De Santis, Ultimo uomo)

Quanto costano le società di Lotito alla Lazio, e quanto alla Lazio le altre società? Si legge: “La gestione quasi artigianale della Lazio ha coinvolto un po’ tutti i settori aziendali, dalla vigilanza alla mensa, passando per manutenzione e anche investimenti pubblicitari” (Calcio e finanza). Per capire ancora meglio il sistema Lotito, si deve aggiungere infine che i clienti delle sue attività sono in gran parte nella pubblica amministrazione: la Consip (la società in-house del MEF che gestisce le risorse pubbliche e gli acquisti del sistema pubblico), la Regione Lazio, la Provincia e il Comune di Roma, le ASL e gli ospedali. Ecco spiegato perchè ad un certo punto è entrato anche in parlamento.

Ecco, ci sono in Italia tante gestioni artigianali di questo tipo (con “parti correlate”), che io definisco del “fritto misto”, e nella regione Calabria occhiutiana la Calabria Film Commission è stata fatta diventare un calderone nel quale confluiscono e si mischiano appunto varie parti correlate, per cui è difficile sapere quanto spendano per il cinema e quanto per il turismo e quanto per la promozione, dei film e delle meraviglie della Calabria. Il fatto poi che una società così complessa venga gestita da tre persone, non abbia dipendenti ma solo consulenti assunti per chiamata diretta, dimostra quanto e come lo schema Ponzi resti pur sempre il modello di riferimento culturale. L’imprenditore vero che produce beni ha bisogno di personale con varie funzioni, uno che produce carte per mezzo di carte e di banche deve essere solo, non può condividere i segreti con nessuno, altrimenti dopo un giorno lo sgamano subito.

Il presidente della Regione Roberto Occhiuto sta dimostrando che predilige il calderone o fritto misto, di recente ha istituito le due nuove società in house della Cittadella, la ReDigit che si occuperà del digitale e dell’informatica, e l’Arec, l’Agenzia per l’energia.  Sicuramente ci sono anche motivazioni – ed esigenze – politiche dietro questo disegno di ridisegnare in modo molto profondo il sottogoverno della Regione, in passato spesso al centro dell’attenzione, non solo mediatica, per sprechi e sperperi di vario genere (antonio cantisani).
Occhiuto ha ammantato organismi creati ex novo nel contesto di un robusto processo di razionalizzazione e rivisitazione. Da Fincalabra, la finanziaria regionale sempre più baricentrica nel sistema Regione, diventata il braccio operativo per il salvataggio e il rilancio di importanti società come la Sacal, tornata sotto il controllo pubblico dopo che la società aeroportuale era finita in mano privata e lametina, all’Arrical, l’Authority regionale per l’acqua e i rifiuti che ha soppiantato l’inefficiente Aic. Dalla Sorical, la società di gestione delle acque calabresi a cui è stata affidato il servizio idrico integrato in Calabria e diventata ormai definitivamente pubblica, alla Azienda Zero, chiamata ad accentrare le funzioni amministrative del settore sanitario; dall’Agenzia Arpal che dovrà essere il perno delle politiche attive in tema di occupazione, alla soppressione degli 11 Consorzi di bonifica per fare posto a un unico ente regionale. Infine nel campo delle politiche industriali, c’è stata la definitiva archiviazione del fallimentare Corap sostituito dalla nuova Agenzia regionale per le aree industriali e l’attrazione degli investimenti.

Si tratterà di capire se la narrazione delle esigenze di efficientamento della macchina regionale non si sfarinerà in innumerevoli esigenze “politiche” per acquisire consensi come è già del tutto evidente a tutti con la opaca gestione di Calabria Film Commission. Uno può adottare tutti gli schemi Lotito che vuole, mischiare capre e cavoli, ma se non riesce neppure a garantire un minimo necessario e legale di trasparenza, prima o poi viene fermato. Da chi? Ecco la domanda a cui in Calabria ad oggi nessuno sa rispondere e che potrebbe essere trasformata in “esiste dunque un giudice a Berlino?”. La frase è tratta da un’opera di Bertolt Brecht. A Potsdam, vicino Berlino, l’imperatore Federico II di Prussia voleva espropriare il mulino di un mugnaio per abbatterlo. Si trattava chiaramente di un abuso in quanto il motivo consisteva nel fatto che il mulino danneggiava il panorama del suo nuovo castello di Sans Souci. Pur di averla vinta, l’imperatore non esitò a corrompere tutti i giudici e tutti gli avvocati a cui il mugnaio si rivolgeva. Con grande tenacia, il mugnaio riuscì a trovare un giudice onesto che lo aiutò a vincere la causa. Ecco la tenace speranza di tutti i calabresi.

Occhiuto sta pensando che in Calabria con solo due fedelissimi riesce a contentare i suoi clientes e con una squadra di dieci amministratori può gestire tutti i settori. I suoi contatti politici pregressi con il governo Meloni in carica gli consentono poi di ottenere facilitazioni varie. Al momento è una politica vincente e non si vede all’orizzonte un’alternativa. Ma l’orizzonte beninteso non è quello calabrese.