Oggi 27 febbraio leggo la notizia che i commissari hanno già lasciato la città e sta per rientrare Mascaro. A me non piace giudicare il lavoro dei commissari, visto che ad oggi non si valuta nessuna prestazione dei dipendenti pubblici. Dico solo che anche i 15 mesi di commissariamento entrano a far parte della storia di questa sfortunata città. Sfortunata non significa che ha un destino avverso. Significa che noi cittadini di questa città ci meritiamo tutto quel che ci succede, ad eccezione degli eventi naturali. Noi siamo gli artefici del nostro destino, e ci siamo meritati ancora una volta i commissari.
Su questo blog trovate un mio articolo del 23/11/2017 “3 scioglimenti senza alcun complotto” in cui spiego la giurisprudenza prevalente del Consiglio di Stato circa gli scioglimenti. Ora è evidente a tutti, anche a chi del diritto non è specialista, che il Tar del Lazio, ancora una volta, non ha seguito gli orientamenti consolidati del CdS, per cui il secondo tempo della vicenda, se ci sarà, lo vedremo al CdS. Secondo quanto previsto dall’art. 143 T.U.E.L., pluricitato dal sindaco, lo scioglimento dei consigli comunali può essere disposto “quando emergono concreti, univoci e rilevanti elementi su collegamenti diretti o indiretti con la criminalità organizzata di tipo mafioso o similare degli amministratori“. Il Tar del Lazio, seguendo l’avv. Mascaro, ha preferito fermarsi qui senza leggere quello che segue nel testo dell’articolo, introdotto, non a caso, da un OVVERO: “….ovvero su forme di condizionamento degli stessi, tali da determinare un’alterazione del procedimento di formazione della volontà degli organi elettivi ed amministrativi e da compromettere il buon andamento o l’imparzialità delle amministrazioni comunali, nonché il regolare funzionamento dei servizi ad esse affidati, ovvero che risultino tali da arrecare grave e perdurante pregiudizio per lo stato della sicurezza pubblica”.
Il Consiglio di Stato, per es,, nel 2017 riconferma lo scioglimento del comune di Scicli, avvenuto nel 2015. Il collegio ha respinto l’appello dei consiglieri comunali ‘scioltì perché ha ritenuto che «per giurisprudenza consolidata è la semplice presenza di “elementi” su “collegamenti” o “forme di condizionamento” che consentano di individuare la sussistenza di un rapporto fra gli amministratori e la criminalità organizzata, a giustificare lo scioglimento, anche laddove non vi sia una puntuale dimostrazione della volontà degli amministratori di assecondare gli interessi della criminalità organizzata, o non sussistano ipotesi di responsabilità personali, anche penali, degli amministratori o dei funzionari. E che la giurisprudenza della Sezione ritiene che il giudizio prognostico di verosimiglianza fondato attendibilmente sulla logica del «più probabile che non» sia applicabile anche allo scioglimento del Consiglio comunale, che ha funzione anticipatoria e non sanzionatoria». Come si capisce dalla lettura, alla base degli scioglimenti non viene posta l’attività amministrativa del sindaco e della sua giunta, il suo operato antimafia o negazionista, come si è limitato a fare il Tar-Lazio, ma lo svolgimento della competizione elettorale e il suo risultato. I consiglieri eletti vengono analizzati e così la composizione delle liste. Quando il Consiglio di Stato ritiene che le clientele o i gruppi di pressione criminali abbiano portato in consiglio soggetti legati alle cosche, scatta il campanello di allarme. Lo scioglimento PREVIENE gli atti illegittimi, non li SANZIONA, come crede il Tar-Lazio. Per cui è vano ricercare gli ATTI dell’amministrazione che abbiano favorito le cosche (in questo caso ci sarebbe un collegamento sindaco-cosche), lo scioglimento interviene, è successo per moltissime realtà, a Lamezia e in città similari, quando le cosche hanno portato in consiglio elementi che potrebbero condizionare con la loro presenza l’amministrazione. Proprio per impedire che questo, prima o poi, avvenga interviene lo scioglimento. Delle due l’una. O il CdS riconfermerà la sua giurisprudenza, oppure, se confermerà il Tar-Lazio, vuol dire che avrà cambiato parere.
(ARTICOLO PUBBLICATO IL 31–1-2019) Tra una ventina di giorni il Tar del Lazio deciderà e magari potrebbe annullare lo scioglimento del consiglio comunale di Lamezia. Non so quante siano le possibilità favorevoli al sindaco defenestrato, ma anche se ce ne fosse una sola, nella democrazia giudiziaria italiana tutto è possibile. Nessuno sa in Italia, rivolgendosi ad un giudice, di qualsiasi tipologia, come finirà la causa. Bianco o nero, è un bel rebus. Per questo ci sono gli avvocati, per l’identica questione un avvocato prima per Tizio sostiene che è bianco poi per Caio che è nero. In America ci sono i precedenti a cui rifarsi, il sistema italiano consente ad ogni giudice di fare come gli pare. Nel caso di Lamezia una cosa però è sicura già oggi, in questa incertezza prima della sentenza. Se Mascaro si fosse dimesso subito appena è cominciata la questione, non avremmo avuto, noi cittadini, questo stillicidio. Avrebbe avuto poi modo di ripresentarsi alle elezioni e vincere di nuovo risparmiandoci i commissari per tutto questo tempo. Ma il Muoia Sansone è ormai diventato l’imperativo morale e politico di uomini pubblici di questa epoca narcisista in cui l’amor proprio domina su qualsiasi idea di servizio alla comunità. C’è da rimpiangere l’epoca dei duelli. Almeno l’onore uno aveva modo di difenderlo subito, vita o morte che fosse. Prendete questi 2 buontemponi, il Gatto e la Volpe di Pinocchio. Siamo in recessione ma loro, che stanno mangiando all’osteria del Gambero Rosso, perdono tempo a non far sbarcare quaranta disgraziati e a cercare in giro i navigator,